REPUBBLICA ITALIANA |
N. Reg. Sent. |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda bis, ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A |
N. 13875 Reg. Gen. ANNO 1997 |
Sul ricorso n. R.G. 13875 del 1997 proposto da Melcore Maria Abbondanza e Melcore Lucia, rappresentate e difese dall’avv. Donato Castellucci ed elettivamente domiciliate presso lo studio dello stesso, in Roma, alla Via Posidippo n. 9;
contro
- Comune di Roma in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Magnanelli, dell’Avvocatura comunale, presso i cui uffici siti in alla Via Tempio di Giove n. 21, é domiciliato;
per l’annullamento
delle determinazioni n. 1067 del 6.6.1997 e 1160 del 12.10.94 del dirigente superiore della XIX Circoscrizione del comune di Roma;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune;
Visti gli atti tutti di causa;
Designato relatore alla pubblica udienza del 25.7.2007 il cons. Solveig Cogliani, ed uditi gli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio;
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, le istanti esponevano di essere proprietarie, per metà ciascuna pro indiviso, dell’appezzamento di terreno di mq. 700 in località Cerquette Grandi del comune di Roma, confinante con via Grissollo, via Rivoli, censito al catasto alla Sez. D fg. 107, part. 420, are 5,93, RDL 10,08-RAL 1,78, a seguito di donazione da parte dei genitori. Riferivano dell’esistenza dal 1978 di un manufatto di mq. 20, alto circa 2,50 m. in blocchetti di tufo a secco, privo di fondazioni e coperto con lastre di eternit.
Impugnavano il provvedimento n. 1067 del 1997 di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Roma del manufatto descritto, conseguente all’atro atto, anch’esso impugnato, n. 1160 del 12.10.1994, mai asseritamene conosciuto, di ingiunzione alla demolizione dello stesso immobile.
Le ricorrenti, pertanto, deducevano, avverso i due atti, le seguenti censure:
1 - difetto del presupposto della determinazione n. 1067 del 1967, poiché, non essendo stata comunicata alle ricorrenti l’ingiunzione di demolizione, non vi sarebbe il presupposto dell’inottemperanza necessario per procedere all’acquisizione;
2 - l’incompetenza dell’organo, non risultando i provvedimenti sottoscritti dal dirigente superiore;
3 - l’incompletezza del provvedimento per mancanza della planimetria;
4 - l’illegittimità in quanto le ricorrenti non erano state autrici delle opere;
5 - la mancanza di motivazione dei provvedimenti impugnati;
6 - la violazione dell’art. 7 e ss. della l. n. 241 del 1990.
Si costituiva il Comune, chiedendo il rigetto della domanda e prima ancora chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità della domanda.
Evidenziava il Comune che i provvedimenti erano stati notificati correttamente ai dante causa, che avevano mantenuto l’usufrutto dell’immobile pur dopo il passaggio della proprietà alle ricorrenti.
Eccepiva, pertanto, che i provvedimenti erano stati impugnati tardivamente.
DIRITTO
Osserva preliminarmente il Collegio che, contrariamente a quanto sostiene la difesa comunale, oggetto di impugnazione non è solamente la determinazione dirigenziale n. 1067 del 6.6.1997 con cui è stata disposta l’acquisizione delle opere al patrimonio comunale ma anche la precedente determinazione n. 1160 del 12.10.1994, con cui era stata intimata la demolizione delle opere ai sigg. Sebastiano Melcore ed Enrichetta Galati, genitori degli attuali ricorrenti.
Tanto chiarito, l’impugnazione della determinazione con cui era stata ingiunta la demolizione si appalesa tardiva (il ricorso essendo stato notificato il 14 ottobre 1997, ossia a distanza di di tre anni dall’adozione del provvedimento), a diversa conclusione non potendo indurre il fatto che detta determinazione non sia stata mai notificata ai ricorrenti, benché proprietari dell’area (per acquisto a seguito di donazione, con riserva di usufrutto, da parte dei genitori).
Correttamente infatti quella determinazione è stata notificata ai genitori dei ricorrenti, non solo perché titolari di un diritto reale sul bene, ma soprattutto perché responsabili dell’abuso, come del resto ammettono gli stessi ricorrenti; né va taciuto che, proprio in relazione alla vetustà del manufatto, all’epoca dell’abuso i responsabili erano anche pieni proprietari dell’area.
Nel senso predetto milita del resto l’art. 7 della legge 28.2.1985, n. 47 che individua (terzo comma) nel responsabile dell’abuso il soggetto che deve provvedere alla demolizione delle opere e al ripristino dello stato dei luoghi.
Il ricorso merita però accoglimento nella parte relativa all’impugnazione della determinazione di acquisizione delle opere al patrimonio comunale.
Posto invero che i ricorrenti sono estranei alla realizzazione dell’abuso, l’acquisizione gratuita anche dell’area su cui insiste il manufatto abusivo deve ritenersi illegittima perché pronunciata nei confronti di soggetti che all’epoca della realizzazione dell’abuso erano nudi proprietari e, in quanto tali non avevano la disponibilità dell’area né la possibilità di procedere alla demolizione proprio per evitare l’effetto acquisitivo a loro danno (cfr. Tar Liguria, 21.6.2001, n. 729).
Mette peraltro conto rilevare che, dopo la sentenza n. 345 del 1991 con la quale la Corte costituzionale , interpretando l’art. 7, comma 3 della L. 47/85, ha escluso poter qualificare responsabile dell’abuso edilizio il proprietario che da un lato sia rimasto estraneo alla realizzazione dell’illecito e dall’altro si sia adoperato con comportamento giuridicamente operoso a rimuoverne gli effetti, l’ordinanza che disponga l’acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune in presenza delle suddette condizioni è illegittima; deve quindi inferirsene che l’ordinanza è parimenti illegittima ove non sia stata offerta ai nudi proprietari estranei all’abuso la possibilità di attivarsi per evitare la perdita dell’area su cui è stato realizzato l’abuso.
Il ricorso va, pertanto, parzialmente accolto.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda bis, in parte dichiara irricevibile ed in parte accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla la determinazione dirigenziale n. 1067 del 6.6.1997.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma il 12.7.2007, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori magistrati:
- Francesco Corsaro, Presidente
- Paolo Restaino, Consigliere
- Solveig Cogliani, Consigliere, estensore
Presidente_________________________________
Estensore__________________________________