Sentenze Civili della Corte di Cassazione
#ANNO/NUMERO 2008/23727       #SEZ 3                   #NRG 2004/4549
#UDIENZA DEL 10/07/2008                      #DEPOSITATO IL 16/09/2008
#MASSIMATA SI

#RICORRENTE             b.R.
#AVV RICORRENTE             b.R.
#RESISTENTE Comune Di Pozzuoli
#AVV RESISTENTE 


                         REPUBBLICA ITALIANA           Ud. 10/07/08
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   R.G.N. 4549/2004
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. ri Magistrati:
Dott. VITTORIA      Paolo                      - rel. Presidente  -
Dott. MASSERA       Maurizio                        - Consigliere -
Dott. AMATUCCI      Alfonso                         - Consigliere -
Dott. SPAGNA MUSSO  Bruno                           - Consigliere -
Dott. FRASCA        Raffaele                        - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da:
            B.R., ESPOSITO SOC. COOP. A R.L. - in persona  del  suo
legale  rappresentante  pro-tempore                      E.G.G.  -,
elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA della  CORTE
di  CASSAZIONE, difesi dallo stesso ricorrente             B.R. con
studio in 80078 - POZZUOLI (NA), giusta delega in atti;
                                                       - ricorrenti -
                               contro
COMUNE DI POZZUOLI, BANCA NAPOLI SPA;
                                                         - intimati -
avverso  la  sentenza n. 11729/03 del Tribunale  di  NAPOLI,  sezione
quinta  bis,  emessa  il  21/11/03,  depositata  il  24/11/03,   R.G.
31036/02;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
10/07/08 dal Presidente Dott. Paolo VITTORIA;
udito l'Avvocato Roberto BUONANNO;
udito  il  P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento  p.q.r.  del
ricorso.
                      SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.  -               B.R. e la societa' Cooperativa Esposito a  r.l.
hanno chiesto la cassazione della sentenza 24.11.2003 pronunciata dal
tribunale di Napoli.
La  sentenza  non e' stata notificata agli attuali ricorrenti  ed  il
ricorso, da loro proposto con atti notificati tra il 3.2.2004  ed  il
12.2.2004  e'  stato  depositato il 18.2.2004, a mezzo  del  servizio
postale.
Le  parti  contro cui e' stato rivolto - il Comune di Pozzuoli  e  la
societa'  Banco di Napoli, poi societa' San Paolo Banco di  Napoli  -
non hanno notificato controricorso.
2. - La sentenza ha chiuso un giudizio di opposizione esecutiva.
L'opposizione e' stata rigettata.
In   particolare,                B.R.  e  la  societa'  Cooperativa
Esposito,   con  il  ricorso  in  opposizione  agli  atti   esecutivi
depositato  il  26.11.2002,  avevano  chiesto  l'annullamento   della
ordinanza  loro  comunicata il 22.11.2002,  pronunciata  dal  giudice
dell'esecuzione il 29.10.2002.
L'ordinanza  era stata emessa nel processo di espropriazione  forzata
di  crediti presso terzi, iniziato dagli attuali ricorrenti contro il
Comune di Pozzuoli.
Il  giudice dell'esecuzione - in seguito alla dichiarazione resa  dal
terzo,  il  Banco  di Napoli, in assenza del Comune di  Pozzuoli  non
comparso all'udienza ed in base a rilievo di ufficio ha dichiarato la
nullita'  del pignoramento ai sensi del D.Lgs. 25 febbraio  1995,  n.
77,  art.  113, comma 2, come trasfuso nel D.Lgs. 18 agosto 2000,  n.
267,  art.  159,  ed  ha  conseguentemente  dichiarato  improcedibile
l'esecuzione ed estinto il processo.
Pronunciandosi  sull'opposizione agli atti esecutivi proposta  contro
questa   ordinanza,   il  tribunale  di  Napoli   ne   ha   condiviso
l'impostazione.
3.  -  La  cassazione della sentenza e' chiesta  in  base  ad  undici
motivi.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.  -  Il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159 - dei modi  della
cui  applicazione si discute in questo giudizio - contiene, ai  commi
da 1 a 4, le disposizioni che seguono:
1.  Non  sono  ammesse  procedure di esecuzione e  di  espropriazione
forzata  nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi  dai
rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non
determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2.  Non  sono  soggette ad esecuzione forzata,  a  pena  di  nullita'
rilevabile anche di ufficio dal giudice, le somme di competenza degli
enti locali destinate a:
a)  pagamento  delle  retribuzioni  al  personale  dipendente  e  dei
conseguenti oneri previdenziali;
b)  pagamento  delle  rate  di  mutui e  di  prestiti  obbligazionari
scadenti nel trimestre in corso;
c) espletamento dei servizi locali indispensabili.
3.  Per  l'operativita' dei limiti all'esecuzione forzata di  cui  al
comma  2  occorre  che  l'organo  esecutivo,  con  deliberazione   da
adottarsi  per  ogni semestre e notificata al tesoriere,  quantifichi
preventivamente  gli  importi  delle somme  destinate  alle  suddette
finalita'.
4.  Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del
comma   2   non  determinano  vincoli  sulle  somme  ne'  limitazioni
all'attivita' del tesoriere.
Delle  disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4, con la sentenza  18
giugno   2003   n.   211   e'   stata   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale   nella   parte  in  cui   non   prevedono   "che   la
impignorabilita' delle somme destinate ai fini indicati al  comma  2,
lett.  a),  b)  e  c), non operi qualora, dopo la adozione  da  parte
dell'organo  esecutivo della deliberazione semestrale  di  preventiva
quantificazione  degli  importi delle somme destinate  alle  suddette
finalita'  e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente
locale,  siano  emessi mandati a titoli diversi da quelli  vincolati,
senza seguire l'ordine cronologico delle fatture cosi' come pervenute
per il pagamento o, se non e' prescritta fattura, delle deliberazioni
di impegno da parte dell'ente stesso".
1.2.  - La decisione che il tribunale ha preso in applicazione  della
norma richiamata e' stata motivata nel modo che segue, attraverso due
serie di passaggi argomentativi.
La prima si articola nelle seguenti proposizioni:
-  la  dichiarazione del terzo, nell'espropriazione presso terzi come
disciplinata  dal  codice  di procedura, ha l'esclusiva  funzione  di
specificare le cose e somme di cui il debitore e' creditore verso  il
terzo e, quando la dichiarazione del terzo manchi o sia contestata, a
tale  funzione  assolve il giudizio di accertamento dell'obbligo  del
terzo;
-  la  questione  se  le  cose o le somme per  cui  il  terzo  si  e'
dichiarato debitore siano o no pignorabili esula da tale giudizio;
-  nella  disciplina  del  codice di procedura,  spetta  al  debitore
sollevare   la   questione  di  impignorabilita',  con  l'opposizione
prevista dall'art. 615 cod. proc. civ., comma 2;
- quanto alle somme di pertinenza degli enti locali depositate presso
il tesoriere, la disciplina del codice trova deroga in quella dettata
dal  D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159, perche', secondo questa norma,
se quando il pignoramento e' eseguito non vi sono presso il tesoriere
somme disponibili per essere sottoposte ad espropriazione forzata, ma
solo  somme legittimamente destinate, il pignoramento e' nullo e tale
nullita'   puo'   essere   dichiarata   di   ufficio   dal    giudice
dell'esecuzione;
- la nullita' puo' essere accertata dal giudice dell'esecuzione ed ha
questo fine e' necessario e sufficiente che ne risulti, attraverso la
dichiarazione  del tesoriere, il fatto costitutivo, rappresentato  da
cio' che le somme presenti presso il tesoriere siano state vincolate,
da apposite delibere, ai fini previsti;
non  lo  puo'  essere, pero', se risulti che il comune, nell'ordinare
pagamenti   per  fini  diversi,  non  ha  rispettato  la   condizione
risultante dalla disposizione di cui alla sentenza 211 del 2003 della
Corte  costituzionale, cio' che ha il valore di un  fatto  risolutivo
dell'efficacia della delibera indicata dal comma 3.
La seconda serie di proposizioni ha avuto riguardo alla distribuzione
tra le parti dell'onere probatorio circa i fatti rilevanti.
Il tribunale ha osservato:
-  se  non  risulti documentato il fatto costitutivo del  vincolo  di
impignorabilita' (avvenuta adozione della deliberazione semestrale di
quantificazione delle somme necessarie per gli scopi previsti, e  sua
notificazione al tesoriere) il rilievo di ufficio della nullita'  del
pignoramento  sara'  impedito  "e  di  cio'  fara'  le  spese  l'ente
debitore,  che  avrebbe avuto l'onere di provare i fatti  costitutivi
della fattispecie integrante il vincolo";
- in presenza di tale prova, se non risulti documentata la successiva
emissione  di  mandati  di  pagamento  per  fini  diversi  da  quelli
vincolati, il giudice dell'esecuzione dovra' rilevare la nullita' del
pignoramento: da un lato, risulta il fatto costitutivo  del  vincolo,
dall'altro  non risulta l'eventuale fatto, estintivo o  modificativo,
dello  stesso  vincolo  "e  ne fara' quindi  le  spese  il  creditore
procedente,  onerato  di  provare l'eventuale  sussistenza  di  fatti
estintivi   o   modificativi   di   una   fattispecie   che   risulta
perfezionata";
-  infine,  se siano documentati sia i fatti costitutivi del  vincolo
che i fatti estintivi o modificativi d'esso (deliberazione semestrale
di  quantificazione,  successiva  emissione  di  mandati  per  titoli
diversi da quelli vincolati), la carenza di documentazione in  ordine
all'ulteriore  fatto che impedisce l'integrazione  della  fattispecie
estintiva  o  modificativa  (ovverosia la corrispondenza  cronologica
dell'emissione  dei  mandati per titoli diversi da  quelli  vincolati
all'ordine  di presentazione delle fatture per il pagamento,  ovvero,
ove  non  sia  prescritta fattura, all'ordine di deliberazione  degli
impegni  di  spesa), tornera' a non essere possibile la dichiarazione
di  nullita' del pignoramento "e ne fara' nuovamente le spese  l'ente
debitore,  onerato  di  dimostrare l'esistenza dei  fatti  impeditivi
dell'operativita' della fattispecie estintiva dell'impignorabilita'".
A   conclusione  di  questo  discorso  il  tribunale   ha   rigettato
l'opposizione, dopo aver constatato che i ricorrenti non avevano  ne'
dedotto  ne'  documentato  che il comune  avesse  emesso  mandati  di
pagamento per titoli diversi da quelli vincolati, in epoca successiva
alla delibera di quantificazione.
2.1.  -  Secondo  i ricorrenti - che svolgono l'argomento  nel  sesto
motivo  - la sentenza impugnata e' viziata da violazione di norme  di
diritto  per  il  fatto  d'aver dato applicazione  alla  disposizione
contenuta  nell'art. 159 c.p.c., comma 2, prima  riprodotto,  di  cui
avrebbe  dovuto  essere  invece sollevata questione  di  legittimita'
costituzionale per contrasto con l'art. 3 Cost., comma 1, e  art.  24
Cost.,  comma  2, nella parte in cui stabilisce che la  questione  di
impignorabilita'  delle  somme destinate  possa  essere  rilevata  di
ufficio  dal  giudice,  anziche'  doverlo  essere  dall'ente   locale
pignorato con opposizione all'esecuzione a norma dell'art.  615  cod.
proc. civ., comma 2.
E  cosi',  si chiede nella sostanza che la Corte sollevi la questione
di  legittimita' costituzionale, che torna ad essere riproposta sulla
base degli argomenti a suo tempo svolti dal pretore di Napoli sezione
distaccata  di  Pozzuoli  nella ordinanza 22-25.11.1996  a  proposito
della  analoga disposizione dettata dal precedente D.Lgs. 25 febbraio
1995,  n.  77, art. 113, che ebbe ad originare la sentenza  20  marzo
1998 n. 69 della Corte costituzionale.
La  questione - anche in seguito sollevata dal tribunale  di  Messina
con   l'ordinanza  28  marzo  2002  -  e'  stata  in  quell'occasione
dichiarata manifestamente inammissibile: in quel giudizio ad  opporre
l'impignorabilita' era stato infatti l'ente locale.
Nel  caso  in  esame - in cui il Comune di Pozzuoli non  e'  comparso
nella  udienza fissata per la dichiarazione del terzo - la  questione
e'  invece  rilevante, perche' dalla dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale della norma deriverebbe che il giudice dell'esecuzione
non   avrebbe  potuto  rilevare  di  ufficio  il  limite  della   non
pignorabilita' delle somme destinate.
La questione e' pero' manifestamente infondata.
2.2.  -  Nell'esecuzione forzata, con il potere delle parti  e  degli
altri interessati, di proporre reclami (art. 630 c.p.c., comma 3)  od
opposizioni al processo esecutivo (artt. 615 c.p.c., comma  2,  artt.
616,  617  e  619 cod. proc. civ.), per provocare, su date questioni,
una  decisione in sede di cognizione, che impedisce l'ulteriore corso
di  quel processo, concorre il potere del giudice dell'esecuzione  di
rilevare  di  ufficio impedimenti alla prosecuzione  del  processo  e
dichiararne l'estinzione o l'improcedibilita'.
Casi  paradigmatici sono quelli del processo esecutivo iniziato senza
che  il  diritto  di  cui  e' chiesta la realizzazione  coattiva  sia
assistito da titolo esecutivo o la cui efficacia esecutiva sia venuta
meno;  del  processo esecutivo iniziato contro soggetto al  quale  si
pretenda di estendere l'efficacia esecutiva del titolo, contro quanto
consente  l'art.  2909 cod. civ., in tema di limiti soggettivi  della
cosa  giudicata; di situazioni invalidanti non sanate  (quali  l'aver
per  il  creditore  agito  esecutivamente  difensore  non  munito  di
procura:  Cass. 22 febbraio 2008 n. 4652; 3 aprile 1982 n. 2069);  di
nullita'  degli  atti  esecutivi non sanate e  non  sanabili  perche'
impediscono che il processo esecutivo possa realizzare attraverso  la
sua prosecuzione lo scopo suo proprio di trasferire coattivamente  il
bene  pignorato  ed attraverso tale mezzo procurare  il  ricavato  da
distribuire ai creditori (Cass. 29 settembre 1997 n. 9549;  Sez.  Un.
27 ottobre 1995 n. 1178).
Vicende, queste, in cui il giudice - di ufficio o su istanza di parte
interna  al processo esecutivo - puo' e deve egli stesso accertare  e
dichiarare  l'impedimento  a  che  il  processo  prosegua,   con   la
conseguenza  che,  se  e'  adottato un provvedimento  in  tal  senso,
questo,  come ogni provvedimento del giudice dell'esecuzione che  non
sia  di  sola  direzione del processo, sara' soggetto ad  opposizione
agli  atti esecutivi (Cass. 16 novembre 2005 n. 23084); mentre se  il
provvedimento  non  e'  adottato, spettera'  alla  parte  interessata
reagire  con il rimedio oppositivo appropriato alla fattispecie:  con
la  conseguenza che la medesima questione attingera' il livello della
decisione nella sede della cognizione per il mezzo di rimedi di  tipo
diverso  e  ad  iniziativa  di  parti diverse,  nel  primo  caso  del
creditore procedente, nel secondo della parte contro cui l'esecuzione
e' stata promossa.
Accanto   alle  vicende  descritte  -  emerse  nella  pratica   della
giurisprudenza  e  da  tempo  oggetto di riflessione  e  sistemazione
dottrinale - e' poi da collocare il fenomeno, per cui lo stesso  tipo
di  effetto,  quello dell'inefficacia del pignoramento, cui  consegue
l'estinzione  del processo esecutivo, e' dal legislatore assoggettato
in  determinati casi a rilievo di ufficio (art. 567 cod. proc.  civ.,
comma  3) ed in altri a rilievo di parte (artt. 497 e 630 cod.  proc.
civ., comma 1) e lo stesso vale per la estinzione del processo dovuto
a  vicende di inattivita' delle parti, a rilievo di parte,  nei  casi
previsti  dall'art. 630 c.p.c., ed a rilievo di ufficio nel  caso  di
cui all'art. 631 cod. pro. civ..
Infine,  appunto nell'area dell'impignorabilita', cui  appartiene  il
caso  in  esame,  la  dottrina discute se non  vi  sia  concorso  tra
l'opposizione del debitore ed il rilievo di ufficio del giudice, e la
giurisprudenza  di  questa Corte ha avuto modo di  rilevare  come  le
ragioni  per  cui  la  norma la prevede possono giustificare  che  il
giudice dell'esecuzione ne rilevi di ufficio l'operativita' nel  caso
concreto  (cosi' Cass. 11 giugno 1999 n. 5761, quanto  ai  limiti  di
pignorabilita' posti dal D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1,  alla
esecuzione su pensioni di invalidita').
2.3. - Qui, non e' discussa in se' la legittimita' costituzionale  di
limiti  posti alla responsabilita' patrimoniale degli enti  locali  e
del  resto  la  Corte costituzionale non ha essa stessa sollevato  la
questione,  quando  e'  stata richiesta di vagliare  la  legittimita'
costituzionale di questa disciplina sotto il profilo delle condizioni
sostanziali di rilevanza del limite, su cui e' invece intervenuta.
Ne e' in discussione il profilo di attuazione nel processo.
Ora,  l'attribuzione al giudice, anziche' all'ente locale, del potere
di  rilievo  di ufficio della impignorabilita' e quindi del  rispetto
delle  sue  condizioni  di  rilevanza,  lungi  dal  tradursi  in  una
diminuzione  della  tutela  del  diritto  del  creditore  costituisce
ulteriore garanzia della soddisfazione ordinata dei creditori che  si
presentano   nel  tempo  a  chiedere  soddisfazione   sulle   risorse
disponibili  e  quindi  e'  congruente con  l'integrazione  che  alla
medesima disciplina e' stata apportata dalla Corte, quando nella  sua
mancanza  ha svelato il vizio di legittimita' costituzionale  che  la
norma presentava.
Il   rilievo   dell'impignorabilita',  se  affidato  alla  necessaria
iniziativa  dell'ente locale, permetterebbe infatti all'ente  di  non
opporlo,  cosi'  consentendo  di esaurire  le  risorse  esistenti  al
momento,  senza  destinarle a finalita' protette e  senza  rispettare
l'ordine di presentazione delle fatture o di ordinazione della spesa.
L'adozione  da parte del legislatore della modalita' del  rilievo  di
ufficio  dell'impedimento alla prosecuzione del processo, che  si  e'
dimostrata  essere  una  delle tecniche  ordinarie  nel  campo  della
esecuzione  forzata,  mentre  trova giustificazione  razionale  nella
disciplina  sostanziale da applicare, non toglie  invece  alla  parte
interessata  alla  soddisfazione  del  credito  la  possibilita'   di
reagire,  anche  qui  attraverso l'impiego della  tecnica  oppositiva
propria  del processo esecutivo, provocando il controllo in  sede  di
cognizione del legittimo rapporto tra la propria pretesa ed il limite
della impignorabilita'.
Ne' la lesione del diritto di difesa puo' essere rinvenuta nel fatto,
che,  in  questo modo, una questione che - allora e non piu'  oggi  -
secondo la disciplina di diritto comune avrebbe costituito oggetto di
un  giudizio di cognizione a doppio grado di merito, nella disciplina
speciale era diventata oggetto di un giudizio di cognizione ad  unico
grado di merito.
La  tutela costituzionale del diritto di difesa non impone infatti il
doppio  grado di merito e si e' d'altro canto veduto come costituisca
fenomeno  normale dell'esecuzione forzata, quello per cui,  le  volte
che  l'impedimento  al  corso ulteriore  del  processo  esecutivo  e'
soggetto a rilievo di ufficio, il sindacato sulla legittimita'  della
ordinanza  del  giudice  dell'esecuzione  sia  attuato  nelle   forme
dell'opposizione agli atti.
Si  puo'  percio'  concludere, nel senso, che il binomio  rilievo  di
ufficio - opposizione agli atti esecutivi, nella situazione data, non
comprime  il  diritto  di  difesa del  creditore,  munito  di  titolo
esecutivo,  che  ha  inteso sottoporre a pignoramento  disponibilita'
dell'ente locale, giacenti presso il tesoriere.
2.4. - Il sesto motivo non e' dunque fondato.
2.5.  -  Ne' lo e' l'ottavo motivo, con cui si ritorna sull'argomento
per cui, una volta volutasi configurare dal legislatore un'ipotesi d'
impignorabilita,  avrebbe  dovuto  lasciarsi  operare  la  disciplina
processuale dell'opposizione all'esecuzione per impignorabilita e non
configurare un'ipotesi di nullita' del pignoramento.
2.6.  - Cio' comporta poi l'assorbimento di un capo del quarto motivo
oltre  che  del nono, dove si e' indicato come vizio di  legittimita'
della  sentenza  il  non avere il tribunale motivato  il  rifiuto  di
sollevare   davanti  alla  Corte  costituzionale  la   questione   di
legittimita' della normativa sin qui esaminata.
2.7.  -  Gli  argomenti appena svolti valgono anche come confutazione
del quinto motivo di ricorso.
Qui  la  critica  dei  ricorrenti e' stata  rivolta  a  segnalare  la
contraddizione  interna che avrebbe presentato il tipo  di  decisione
impugnata, per il fatto d'aver fatto discendere l'improcedibilita' ed
insieme  l'estinzione  del  processo  esecutivo  dalla  nullita'  del
pignoramento, a sua volta dichiarata per il fatto d'avervi voluto  il
creditore procedente assoggettare risorse, di cui non era riuscito  a
provare la disponibilita' da parte del comune.
E  si  e'  ancora rivolta a sostenere che, se di impignorabilita'  si
tratta  nella  materia in discussione, l'appropriata  disciplina  del
fenomeno   avrebbe   dovuto  essere  quella   dell'opposizione   alla
esecuzione.
Se  non  che,  una  volta  in ipotesi acquisita  prima  nel  processo
esecutivo e poi in sede di opposizione agli atti esecutivi  la  prova
che  nel  momento in cui e' stato eseguito non esistevano  presso  il
tesoriere  risorse  disponibili ed in grado  d'essere  assegnate,  il
pignoramento deve essere, secondo la norma, dichiarato  nullo  ed  e'
questo  l'oggetto  proprio  della decisione,  di  cui  -  al  di  la'
dell'improprieta'  del termine "estinzione" usato per  descriverlo  -
costituisce effetto l'improcedibilita' del processo.
3.1.  -  Il primo, secondo, terzo e settimo motivo di ricorso ruotano
intorno ad un secondo nucleo problematico.
La  questione  che  pongono e' quello della  prova  delle  condizioni
sostanziali di rilevanza della impignorabilita'.
Le  critiche  mosse alla decisione ed alla ricostruzione accolta  dal
tribunale se pure solo in parte sono fondate.
3.2.  -  E'  necessario distinguere due momenti, quello del  processo
esecutivo  e  quello del giudizio di cognizione, che si apre  con  la
opposizione agli atti esecutivi, che creditore procedente o  debitore
possono proporre, impugnando l'uno l'ordinanza che dichiara nullo  il
pignoramento, l'altro l'ordinanza che assegna le somme.
3.3.1.  - I provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione,  come
osservano i ricorrenti nel loro primo motivo, non hanno attitudine al
giudicato.
Questo  non  esclude  che  il giudice dell'esecuzione  in  vista  dei
provvedimenti  che  deve adottare per dare corso al  processo  od  e'
richiesto  di  adottare a seguito di istanze  delle  parti  nei  casi
previsti  dal  codice di procedura possa e talora  debba  sentire  le
altre   parti  e  gli  interessati  e  che,  in  vista  degli  stessi
provvedimenti,  le  parti  che vi hanno interesse  debbono  non  sono
allegare i fatti rilevanti, ma anche darne prova ed il giudice  possa
servirsi   di  ausiliari  per  acquisire  gli  elementi  di  giudizio
necessari.
In  questi termini ne' il contraddittorio (art. 485 cod. proc.  civ.)
ne'    l'istruzione   probatoria   possono   considerarsi    estranei
all'esercizio della giurisdizione esecutiva.
Per  esemplificare,  non  potrebbe  pensarsi  ad  una  decisione   di
riduzione del pignoramento (art. 496 cod. proc. civ.) adottata  senza
avere sentito il creditore pignorante e gli intervenuti e senza avere
acquisito elementi di giudizio in ordine al valore dei beni pignorati
ed  alla  sufficienza  gia' di alcuni soli di  essi  a  soddisfare  i
crediti vantati.
3.3.2. - La posizione del terzo nell'esecuzione per espropriazione di
crediti presso terzi e' quella di un ausiliare del giudice (Sez.  Un.
18 dicembre 1987 n. 9407).
Il  terzo  da  un  lato con la notifica dell'atto di pignoramento  e'
costituito custode delle risorse del debitore esistenti presso di lui
(art.  546 cod. proc. civ.), dall'altro deve dichiarare se,  quali  e
quante sono le risorse disponibili nel momento in cui si e' avuta  la
notifica  del  pignoramento (art. 547 c.p.c., comma  1)  e  se  sulle
stesse  sono  gia'  caduti altri pignoramenti o sequestri  (art.  547
c.p.c., comma 2).
Nella  disciplina di diritto comune - come il tribunale di Napoli  ha
esattamente osservato - la dichiarazione del terzo e, in sua vece, il
giudizio  di  accertamento del suo obbligo hanno come necessario,  ma
anche esclusivo oggetto la questione se il terzo e' o no debitore  di
cose o somme verso l'esecutato, mentre la diversa questione del se  i
crediti  siano  o  no  pignorabili e' di norma  oggetto  del  diverso
giudizio  di  opposizione configurato dall'art. 615 cod. proc.  civ.,
comma 2, che spetta alla iniziativa dell'esecutato promuovere.
Nella  disciplina  dell'esecuzione forzata in  confronto  degli  enti
locali,  invece  - come si e' visto al punto 2 - la  questione  della
impignorabilita' puo' essere rilevata di ufficio.
Ora, la disciplina speciale si presenta caratterizzata da un triplice
ordine  di  fattori:  -  solo  presso  il  tesoriere  possono  essere
utilmente eseguiti pignoramenti delle risorse degli enti locali; - al
tesoriere  deve essere notificata dall'ente la delibera che individua
le  risorse da destinare alle finalita' protette; - e' attraverso  il
tesoriere che avvengono i pagamenti dei crediti vantati verso l'ente,
sia  di  quelli  riconducibili alle destinazioni protette  sia  degli
altri.
Se  il  giudice  deve  essere  posto in grado  di  stabilire  che  le
disponibilita'  esistenti  presso il tesoriere  non  sopravanzano  le
somme   necessarie  a  coprire  le  passivita'  corrispondenti   alle
destinazioni  protette,  e' congruo alla struttura  della  disciplina
speciale  ritenere  che  la  funzione del  terzo,  di  ausiliare  del
giudice, comporti che debba riferire al giudice dell'esecuzione  ogni
aspetto della situazione concreta se rilevante per la decisione.
Ma  e'  altresi'  congruo a tale strutturazione della  disciplina  il
ritenere che la decisione del giudice dell'esecuzione non possa dover
essere  adottata sulla sola base della dichiarazione resa dal  terzo,
se   contestazioni  sono  mosse  dal  creditore  nel  senso  che   la
dichiarazione  debba  trovare e non trovi  invece  corrispondenza  in
documenti, che il tesoriere dovrebbe avere presso di se', ma  che  ha
mancato di produrre.
Le conclusioni che si debbono trarre da cio' che si e' venuto dicendo
sono le seguenti:
- non rileva che il debitore compaia o no nella udienza stabilita per
la  dichiarazione del terzo e che vi sollevi o no questioni circa  la
pignorabilita' delle somme esistenti presso il tesoriere);
-  il tesoriere ha l'onere di dichiarare ogni fatto rilevante ai fini
dell'accertamento  della  pignorabilita' - riguardi  la  delibera  di
destinazione delle somme agli impieghi protetti o gli altri pagamenti
- e, in presenza di contestazioni da parte del creditore, puo' essere
richiesto dal giudice di documentarli;
-  e'  sulla  base  di  tale  dichiarazione  e  della  documentazione
presentata dal tesoriere e se del caso dal creditore procedente,  che
il  giudice dell'esecuzione riterra' esistenti le condizioni  cui  si
ricollega l'effetto di impignorabilita' e la conseguente nullita' del
pignoramento  ovvero le riterra' non esistenti,  facendo  luogo  alla
assegnazione delle somme pignorate.
Questi  provvedimenti  potranno  innescare  l'opposizione  agli  atti
esecutivi da parte, rispettivamente, del creditore procedente  o  del
debitore.
3.3.2.1. - Prima di passare ad esaminare la posizione delle parti nel
giudizio  di  opposizione, va messo in rilievo che la  soluzione  qui
accolta  si  distacca da quella che pur di recente  questa  Corte  ha
fatto propria nella sentenza 11 gennaio 2007 n. 387.
Questa  decisione ha infatti privilegiato l'impostazione,  congruente
alla disciplina generale, fondata sulla distinzione tra dichiarazione
di  esistenza, che per se' giustifica l'assegnazione,  e  vincolo  di
destinazione,  che  invece,  per acquisire  rilevanza  nel  processo,
richiede l'opposizione del debitore.
Per altro verso, contro la conclusione accolta qui non stanno h altre
decisioni di questa Corte, in particolare le sentenze 29 aprile  2003
n.  6667  e  28  febbraio  1994 n. 9623, su cui  i  ricorrenti  hanno
soffermato  la loro attenzione, perche', in quei casi, si tratto'  di
applicare la disciplina di diritto comune, non quella speciale.
In  fine, la soluzione qui accolta coincide con quella fatta  propria
dalla  piu'  recente  sentenza 25 gennaio  2008  n.  1710.  3.3.3.  -
Focalizzando  ora  l'attenzione sulla opposizione  agli  atti  contro
l'ordinanza di nullita', proposta dal creditore, va notato che questi
potra'  sia  criticarla gia' alla stregua della stessa documentazione
prodotta dal tesoriere sia sostenere di questa l'incompletezza.
Emerge  in  questo  punto il problema degli oneri di  allegazione  da
parte dell'opponente e della distribuzione dell'onere probatorio  tra
le  parti  del giudizio, qui il creditore procedente e l'ente  locale
debitore.
La  natura  oppositiva del rimedio convince di cio', che il creditore
procedente  ha l'onere di allegare gli specifici fatti dai  quali  fa
discendere l'illegittimita' dell'ordinanza di annullamento e percio',
quando  intende  sostenere,  come nel  caso,  che  l'efficacia  della
delibera  di  destinazione  e' stata resa  inoperante  da  successivi
pagamenti  per debiti estranei eseguiti senza il rispetto del  dovuto
ordine  cronologico, deve allegare quali specifici pagamenti  abbiano
determinato gli effetti da lui postulati.
Ma  non  appare  condivisibile,  quanto  questa  Corte  ha  in  altra
occasione  ritenuto,  con la sentenza 6 giugno  2006  n.  13263,  che
spetti  al  creditore  provare il fatto allegato,  anziche'  all'ente
locale dare la prova del contrario.
Il  principio  della vicinanza della prova - cui  questa  sezione  ha
fatto   in  epoca  recente  costante  riferimento  per  regolare   la
distribuzione dell'onere della prova (Cass. 2 febbraio 2007 n.  2308;
9 novembre 2006 n. 23918; 20 febbraio 2006 n. 3651; 21 luglio 2003 n.
11316) - convince di cio', che spetta all'ente locale dimostrare  che
in  occasione  dei  diversi  pagamenti  cui  il  creditore  ha  fatto
riferimento l'ordine richiesto dal D.Lgs. n. 279 del 2000, art.  159,
non e' stato violato, ma rispettato.
E  questo  perche',  diversamente dal privato,  il  comune  e'  nelle
migliori condizioni per farlo, con la documentazione in possesso  suo
e del tesoriere circa i procedimenti d'erogazione della spesa.
3.3.4.  -  E'  in questi limiti e sotto questo aspetto  che  la  tesi
sostenuta  dai  ricorrenti nei motivi indicati all'inizio  di  questo
punto sono fondati.
Deve essere percio' rigettato il secondo motivo - con il quale si  e'
inteso sostenere che l'impignorabilita' deve essere fatta valere  dal
debitore   e  non  puo'  essere  rilevata  di  ufficio  nel  processo
esecutivo, se l'ente locale debitore non compare.
Vanno  accolti invece il primo, il terzo ed il settimo, per la  parte
in  cui  hanno  criticato  la  sentenza  impugnata  sul  punto  della
distribuzione dell'onere della prova.
4. - Restano da esaminare i motivi quarto, decimo ed undicesimo.
L'ultimo di questi motivi, posto in collegamento con gli elementi  di
fatto richiamati nella parte espositiva del ricorso e con la denuncia
di  difetto  di motivazione che nel motivo e' contenuta  a  proposito
dell'aver   i   ricorrenti   allegato   gia'   davanti   al   giudice
dell'esecuzione  e  poi in sede di opposizione che  il  comune  aveva
emesso   ordini  di  pagamento  senza  rispettare  il  dovuto  ordine
cronologico presenta una sufficiente specificita', si' da  consentire
l'accoglimento del motivo nella parte in cui denuncia al riguardo  un
difetto  di motivazione della sentenza, la' dove ha detto non dedotta
da  parte  dei  ricorrenti la emissione di mandati di  pagamento  per
titoli diversi da quelli vincolati.
Per   il   resto  ed  in  particolare  in  quanto  si  richiamano   a
contestazioni svolte a proposito del contenuto delle stesse  delibere
di destinazione delle somme giacenti presso il tesoriere i motivi non
sono autosufficienti e sono pertanto inammissibili.
5.  -  Il ricorso e' in conclusione accolto nei limiti a mano a  mano
indicati.
La  sentenza impugnata e' cassata e la causa e' rimessa al giudice di
rinvio,   che  e'  designato  nel  tribunale  di  Napoli  in  diversa
composizione.
La cassazione e' pronunciata in base ai seguenti principi di diritto:
-  "nel regime dell'espropriazione forzata di somme giacenti i presso
il  tesoriere - quale risulta dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art.
159,  e  dalla sentenza della Corte costituzionale 18 giugno 2003  n.
211  -  e'  dovere  del tesoriere, in quanto ausiliare  del  giudice,
dichiarare  sia  se esistono presso di lui somme di cui  e'  debitore
verso  l'ente  locale sia quale ne e' la condizione in rapporto  alla
delibera  comunale di destinazione a lui notificata ed  ai  pagamenti
successivi";
-  "spetta al giudice dell'esecuzione, anche di ufficio e percio'  in
caso  di  assenza dell'ente locale debitore, accertare, in base  alla
documentazione  depositata ed alle osservazioni fatte  dal  creditore
procedente, se il pignoramento sia nullo per essere caduto  su  somme
destinate  in  base  alla delibera notificata al tesoriere,  che  non
abbia  perso  efficacia  per essere stata seguita  da  pagamenti  per
debiti estranei, su mandati non emessi nel rispetto del dovuto ordine
cronologico";
-  "nel  giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso  contro
l'ordinanza  di nullita' dal creditore procedente, il quale  sostenga
essere   il  vincolo  di  destinazione  divenuto  inefficace,  spetta
all'opponente  allegare gli specifici pagamenti per  debiti  estranei
eseguiti successivamente alla delibera, mentre spetta all'ente locale
dare  la  prova  che  tali pagamenti sono stati eseguiti  in  base  a
mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico".
Il  giudice  di  rinvio  procedera' a  nuovo  esame  del  ricorso  in
opposizione  per  la  parte in cui l'ordinanza  di  annullamento  del
pignoramento  e'  stata  pronunciata  per  difetto  di  prova   circa
l'emissione  di mandati di pagamento a fini diversi non avvenuta  nel
rispetto   del  dovuto  ordine  cronologico  e,  in  relazione   alla
indicazione  contenuta  nell'atto  di  opposizione  che  considerasse
specifica,  riterra'  provata  o  non  provata  l'allegazione   degli
opponenti, secondo che il Comune di Pozzuoli non abbia o per converso
abbia dato la prova contraria.
Al  giudice  di  rinvio  e'  rimesso di provvedere  sulle  spese  del
giudizio di cassazione.
                               P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza
impugnata  e  rinvia  la  causa al tribunale di  Napoli,  in  diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Cosi'  deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione  Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2008