Sentenze Civili della Corte di Cassazione #ANNO/NUMERO 2008/23727 #SEZ 3 #NRG 2004/4549 #UDIENZA DEL 10/07/2008 #DEPOSITATO IL 16/09/2008 #MASSIMATA SI #RICORRENTE b.R. #AVV RICORRENTE b.R. #RESISTENTE Comune Di Pozzuoli #AVV RESISTENTE REPUBBLICA ITALIANA Ud. 10/07/08 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 4549/2004 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg. ri Magistrati: Dott. VITTORIA Paolo - rel. Presidente - Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere - Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere - Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere - Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere - ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: B.R., ESPOSITO SOC. COOP. A R.L. - in persona del suo legale rappresentante pro-tempore E.G.G. -, elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, difesi dallo stesso ricorrente B.R. con studio in 80078 - POZZUOLI (NA), giusta delega in atti; - ricorrenti - contro COMUNE DI POZZUOLI, BANCA NAPOLI SPA; - intimati - avverso la sentenza n. 11729/03 del Tribunale di NAPOLI, sezione quinta bis, emessa il 21/11/03, depositata il 24/11/03, R.G. 31036/02; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/08 dal Presidente Dott. Paolo VITTORIA; udito l'Avvocato Roberto BUONANNO; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento p.q.r. del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. - B.R. e la societa' Cooperativa Esposito a r.l. hanno chiesto la cassazione della sentenza 24.11.2003 pronunciata dal tribunale di Napoli. La sentenza non e' stata notificata agli attuali ricorrenti ed il ricorso, da loro proposto con atti notificati tra il 3.2.2004 ed il 12.2.2004 e' stato depositato il 18.2.2004, a mezzo del servizio postale. Le parti contro cui e' stato rivolto - il Comune di Pozzuoli e la societa' Banco di Napoli, poi societa' San Paolo Banco di Napoli - non hanno notificato controricorso. 2. - La sentenza ha chiuso un giudizio di opposizione esecutiva. L'opposizione e' stata rigettata. In particolare, B.R. e la societa' Cooperativa Esposito, con il ricorso in opposizione agli atti esecutivi depositato il 26.11.2002, avevano chiesto l'annullamento della ordinanza loro comunicata il 22.11.2002, pronunciata dal giudice dell'esecuzione il 29.10.2002. L'ordinanza era stata emessa nel processo di espropriazione forzata di crediti presso terzi, iniziato dagli attuali ricorrenti contro il Comune di Pozzuoli. Il giudice dell'esecuzione - in seguito alla dichiarazione resa dal terzo, il Banco di Napoli, in assenza del Comune di Pozzuoli non comparso all'udienza ed in base a rilievo di ufficio ha dichiarato la nullita' del pignoramento ai sensi del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 113, comma 2, come trasfuso nel D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, ed ha conseguentemente dichiarato improcedibile l'esecuzione ed estinto il processo. Pronunciandosi sull'opposizione agli atti esecutivi proposta contro questa ordinanza, il tribunale di Napoli ne ha condiviso l'impostazione. 3. - La cassazione della sentenza e' chiesta in base ad undici motivi. I ricorrenti hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.1. - Il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159 - dei modi della cui applicazione si discute in questo giudizio - contiene, ai commi da 1 a 4, le disposizioni che seguono: 1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa. 2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullita' rilevabile anche di ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel trimestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili. 3. Per l'operativita' dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalita'. 4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme ne' limitazioni all'attivita' del tesoriere. Delle disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4, con la sentenza 18 giugno 2003 n. 211 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui non prevedono "che la impignorabilita' delle somme destinate ai fini indicati al comma 2, lett. a), b) e c), non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalita' e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se non e' prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso". 1.2. - La decisione che il tribunale ha preso in applicazione della norma richiamata e' stata motivata nel modo che segue, attraverso due serie di passaggi argomentativi. La prima si articola nelle seguenti proposizioni: - la dichiarazione del terzo, nell'espropriazione presso terzi come disciplinata dal codice di procedura, ha l'esclusiva funzione di specificare le cose e somme di cui il debitore e' creditore verso il terzo e, quando la dichiarazione del terzo manchi o sia contestata, a tale funzione assolve il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo; - la questione se le cose o le somme per cui il terzo si e' dichiarato debitore siano o no pignorabili esula da tale giudizio; - nella disciplina del codice di procedura, spetta al debitore sollevare la questione di impignorabilita', con l'opposizione prevista dall'art. 615 cod. proc. civ., comma 2; - quanto alle somme di pertinenza degli enti locali depositate presso il tesoriere, la disciplina del codice trova deroga in quella dettata dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159, perche', secondo questa norma, se quando il pignoramento e' eseguito non vi sono presso il tesoriere somme disponibili per essere sottoposte ad espropriazione forzata, ma solo somme legittimamente destinate, il pignoramento e' nullo e tale nullita' puo' essere dichiarata di ufficio dal giudice dell'esecuzione; - la nullita' puo' essere accertata dal giudice dell'esecuzione ed ha questo fine e' necessario e sufficiente che ne risulti, attraverso la dichiarazione del tesoriere, il fatto costitutivo, rappresentato da cio' che le somme presenti presso il tesoriere siano state vincolate, da apposite delibere, ai fini previsti; non lo puo' essere, pero', se risulti che il comune, nell'ordinare pagamenti per fini diversi, non ha rispettato la condizione risultante dalla disposizione di cui alla sentenza 211 del 2003 della Corte costituzionale, cio' che ha il valore di un fatto risolutivo dell'efficacia della delibera indicata dal comma 3. La seconda serie di proposizioni ha avuto riguardo alla distribuzione tra le parti dell'onere probatorio circa i fatti rilevanti. Il tribunale ha osservato: - se non risulti documentato il fatto costitutivo del vincolo di impignorabilita' (avvenuta adozione della deliberazione semestrale di quantificazione delle somme necessarie per gli scopi previsti, e sua notificazione al tesoriere) il rilievo di ufficio della nullita' del pignoramento sara' impedito "e di cio' fara' le spese l'ente debitore, che avrebbe avuto l'onere di provare i fatti costitutivi della fattispecie integrante il vincolo"; - in presenza di tale prova, se non risulti documentata la successiva emissione di mandati di pagamento per fini diversi da quelli vincolati, il giudice dell'esecuzione dovra' rilevare la nullita' del pignoramento: da un lato, risulta il fatto costitutivo del vincolo, dall'altro non risulta l'eventuale fatto, estintivo o modificativo, dello stesso vincolo "e ne fara' quindi le spese il creditore procedente, onerato di provare l'eventuale sussistenza di fatti estintivi o modificativi di una fattispecie che risulta perfezionata"; - infine, se siano documentati sia i fatti costitutivi del vincolo che i fatti estintivi o modificativi d'esso (deliberazione semestrale di quantificazione, successiva emissione di mandati per titoli diversi da quelli vincolati), la carenza di documentazione in ordine all'ulteriore fatto che impedisce l'integrazione della fattispecie estintiva o modificativa (ovverosia la corrispondenza cronologica dell'emissione dei mandati per titoli diversi da quelli vincolati all'ordine di presentazione delle fatture per il pagamento, ovvero, ove non sia prescritta fattura, all'ordine di deliberazione degli impegni di spesa), tornera' a non essere possibile la dichiarazione di nullita' del pignoramento "e ne fara' nuovamente le spese l'ente debitore, onerato di dimostrare l'esistenza dei fatti impeditivi dell'operativita' della fattispecie estintiva dell'impignorabilita'". A conclusione di questo discorso il tribunale ha rigettato l'opposizione, dopo aver constatato che i ricorrenti non avevano ne' dedotto ne' documentato che il comune avesse emesso mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati, in epoca successiva alla delibera di quantificazione. 2.1. - Secondo i ricorrenti - che svolgono l'argomento nel sesto motivo - la sentenza impugnata e' viziata da violazione di norme di diritto per il fatto d'aver dato applicazione alla disposizione contenuta nell'art. 159 c.p.c., comma 2, prima riprodotto, di cui avrebbe dovuto essere invece sollevata questione di legittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3 Cost., comma 1, e art. 24 Cost., comma 2, nella parte in cui stabilisce che la questione di impignorabilita' delle somme destinate possa essere rilevata di ufficio dal giudice, anziche' doverlo essere dall'ente locale pignorato con opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 cod. proc. civ., comma 2. E cosi', si chiede nella sostanza che la Corte sollevi la questione di legittimita' costituzionale, che torna ad essere riproposta sulla base degli argomenti a suo tempo svolti dal pretore di Napoli sezione distaccata di Pozzuoli nella ordinanza 22-25.11.1996 a proposito della analoga disposizione dettata dal precedente D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 113, che ebbe ad originare la sentenza 20 marzo 1998 n. 69 della Corte costituzionale. La questione - anche in seguito sollevata dal tribunale di Messina con l'ordinanza 28 marzo 2002 - e' stata in quell'occasione dichiarata manifestamente inammissibile: in quel giudizio ad opporre l'impignorabilita' era stato infatti l'ente locale. Nel caso in esame - in cui il Comune di Pozzuoli non e' comparso nella udienza fissata per la dichiarazione del terzo - la questione e' invece rilevante, perche' dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma deriverebbe che il giudice dell'esecuzione non avrebbe potuto rilevare di ufficio il limite della non pignorabilita' delle somme destinate. La questione e' pero' manifestamente infondata. 2.2. - Nell'esecuzione forzata, con il potere delle parti e degli altri interessati, di proporre reclami (art. 630 c.p.c., comma 3) od opposizioni al processo esecutivo (artt. 615 c.p.c., comma 2, artt. 616, 617 e 619 cod. proc. civ.), per provocare, su date questioni, una decisione in sede di cognizione, che impedisce l'ulteriore corso di quel processo, concorre il potere del giudice dell'esecuzione di rilevare di ufficio impedimenti alla prosecuzione del processo e dichiararne l'estinzione o l'improcedibilita'. Casi paradigmatici sono quelli del processo esecutivo iniziato senza che il diritto di cui e' chiesta la realizzazione coattiva sia assistito da titolo esecutivo o la cui efficacia esecutiva sia venuta meno; del processo esecutivo iniziato contro soggetto al quale si pretenda di estendere l'efficacia esecutiva del titolo, contro quanto consente l'art. 2909 cod. civ., in tema di limiti soggettivi della cosa giudicata; di situazioni invalidanti non sanate (quali l'aver per il creditore agito esecutivamente difensore non munito di procura: Cass. 22 febbraio 2008 n. 4652; 3 aprile 1982 n. 2069); di nullita' degli atti esecutivi non sanate e non sanabili perche' impediscono che il processo esecutivo possa realizzare attraverso la sua prosecuzione lo scopo suo proprio di trasferire coattivamente il bene pignorato ed attraverso tale mezzo procurare il ricavato da distribuire ai creditori (Cass. 29 settembre 1997 n. 9549; Sez. Un. 27 ottobre 1995 n. 1178). Vicende, queste, in cui il giudice - di ufficio o su istanza di parte interna al processo esecutivo - puo' e deve egli stesso accertare e dichiarare l'impedimento a che il processo prosegua, con la conseguenza che, se e' adottato un provvedimento in tal senso, questo, come ogni provvedimento del giudice dell'esecuzione che non sia di sola direzione del processo, sara' soggetto ad opposizione agli atti esecutivi (Cass. 16 novembre 2005 n. 23084); mentre se il provvedimento non e' adottato, spettera' alla parte interessata reagire con il rimedio oppositivo appropriato alla fattispecie: con la conseguenza che la medesima questione attingera' il livello della decisione nella sede della cognizione per il mezzo di rimedi di tipo diverso e ad iniziativa di parti diverse, nel primo caso del creditore procedente, nel secondo della parte contro cui l'esecuzione e' stata promossa. Accanto alle vicende descritte - emerse nella pratica della giurisprudenza e da tempo oggetto di riflessione e sistemazione dottrinale - e' poi da collocare il fenomeno, per cui lo stesso tipo di effetto, quello dell'inefficacia del pignoramento, cui consegue l'estinzione del processo esecutivo, e' dal legislatore assoggettato in determinati casi a rilievo di ufficio (art. 567 cod. proc. civ., comma 3) ed in altri a rilievo di parte (artt. 497 e 630 cod. proc. civ., comma 1) e lo stesso vale per la estinzione del processo dovuto a vicende di inattivita' delle parti, a rilievo di parte, nei casi previsti dall'art. 630 c.p.c., ed a rilievo di ufficio nel caso di cui all'art. 631 cod. pro. civ.. Infine, appunto nell'area dell'impignorabilita', cui appartiene il caso in esame, la dottrina discute se non vi sia concorso tra l'opposizione del debitore ed il rilievo di ufficio del giudice, e la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di rilevare come le ragioni per cui la norma la prevede possono giustificare che il giudice dell'esecuzione ne rilevi di ufficio l'operativita' nel caso concreto (cosi' Cass. 11 giugno 1999 n. 5761, quanto ai limiti di pignorabilita' posti dal D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1, alla esecuzione su pensioni di invalidita'). 2.3. - Qui, non e' discussa in se' la legittimita' costituzionale di limiti posti alla responsabilita' patrimoniale degli enti locali e del resto la Corte costituzionale non ha essa stessa sollevato la questione, quando e' stata richiesta di vagliare la legittimita' costituzionale di questa disciplina sotto il profilo delle condizioni sostanziali di rilevanza del limite, su cui e' invece intervenuta. Ne e' in discussione il profilo di attuazione nel processo. Ora, l'attribuzione al giudice, anziche' all'ente locale, del potere di rilievo di ufficio della impignorabilita' e quindi del rispetto delle sue condizioni di rilevanza, lungi dal tradursi in una diminuzione della tutela del diritto del creditore costituisce ulteriore garanzia della soddisfazione ordinata dei creditori che si presentano nel tempo a chiedere soddisfazione sulle risorse disponibili e quindi e' congruente con l'integrazione che alla medesima disciplina e' stata apportata dalla Corte, quando nella sua mancanza ha svelato il vizio di legittimita' costituzionale che la norma presentava. Il rilievo dell'impignorabilita', se affidato alla necessaria iniziativa dell'ente locale, permetterebbe infatti all'ente di non opporlo, cosi' consentendo di esaurire le risorse esistenti al momento, senza destinarle a finalita' protette e senza rispettare l'ordine di presentazione delle fatture o di ordinazione della spesa. L'adozione da parte del legislatore della modalita' del rilievo di ufficio dell'impedimento alla prosecuzione del processo, che si e' dimostrata essere una delle tecniche ordinarie nel campo della esecuzione forzata, mentre trova giustificazione razionale nella disciplina sostanziale da applicare, non toglie invece alla parte interessata alla soddisfazione del credito la possibilita' di reagire, anche qui attraverso l'impiego della tecnica oppositiva propria del processo esecutivo, provocando il controllo in sede di cognizione del legittimo rapporto tra la propria pretesa ed il limite della impignorabilita'. Ne' la lesione del diritto di difesa puo' essere rinvenuta nel fatto, che, in questo modo, una questione che - allora e non piu' oggi - secondo la disciplina di diritto comune avrebbe costituito oggetto di un giudizio di cognizione a doppio grado di merito, nella disciplina speciale era diventata oggetto di un giudizio di cognizione ad unico grado di merito. La tutela costituzionale del diritto di difesa non impone infatti il doppio grado di merito e si e' d'altro canto veduto come costituisca fenomeno normale dell'esecuzione forzata, quello per cui, le volte che l'impedimento al corso ulteriore del processo esecutivo e' soggetto a rilievo di ufficio, il sindacato sulla legittimita' della ordinanza del giudice dell'esecuzione sia attuato nelle forme dell'opposizione agli atti. Si puo' percio' concludere, nel senso, che il binomio rilievo di ufficio - opposizione agli atti esecutivi, nella situazione data, non comprime il diritto di difesa del creditore, munito di titolo esecutivo, che ha inteso sottoporre a pignoramento disponibilita' dell'ente locale, giacenti presso il tesoriere. 2.4. - Il sesto motivo non e' dunque fondato. 2.5. - Ne' lo e' l'ottavo motivo, con cui si ritorna sull'argomento per cui, una volta volutasi configurare dal legislatore un'ipotesi d' impignorabilita, avrebbe dovuto lasciarsi operare la disciplina processuale dell'opposizione all'esecuzione per impignorabilita e non configurare un'ipotesi di nullita' del pignoramento. 2.6. - Cio' comporta poi l'assorbimento di un capo del quarto motivo oltre che del nono, dove si e' indicato come vizio di legittimita' della sentenza il non avere il tribunale motivato il rifiuto di sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' della normativa sin qui esaminata. 2.7. - Gli argomenti appena svolti valgono anche come confutazione del quinto motivo di ricorso. Qui la critica dei ricorrenti e' stata rivolta a segnalare la contraddizione interna che avrebbe presentato il tipo di decisione impugnata, per il fatto d'aver fatto discendere l'improcedibilita' ed insieme l'estinzione del processo esecutivo dalla nullita' del pignoramento, a sua volta dichiarata per il fatto d'avervi voluto il creditore procedente assoggettare risorse, di cui non era riuscito a provare la disponibilita' da parte del comune. E si e' ancora rivolta a sostenere che, se di impignorabilita' si tratta nella materia in discussione, l'appropriata disciplina del fenomeno avrebbe dovuto essere quella dell'opposizione alla esecuzione. Se non che, una volta in ipotesi acquisita prima nel processo esecutivo e poi in sede di opposizione agli atti esecutivi la prova che nel momento in cui e' stato eseguito non esistevano presso il tesoriere risorse disponibili ed in grado d'essere assegnate, il pignoramento deve essere, secondo la norma, dichiarato nullo ed e' questo l'oggetto proprio della decisione, di cui - al di la' dell'improprieta' del termine "estinzione" usato per descriverlo - costituisce effetto l'improcedibilita' del processo. 3.1. - Il primo, secondo, terzo e settimo motivo di ricorso ruotano intorno ad un secondo nucleo problematico. La questione che pongono e' quello della prova delle condizioni sostanziali di rilevanza della impignorabilita'. Le critiche mosse alla decisione ed alla ricostruzione accolta dal tribunale se pure solo in parte sono fondate. 3.2. - E' necessario distinguere due momenti, quello del processo esecutivo e quello del giudizio di cognizione, che si apre con la opposizione agli atti esecutivi, che creditore procedente o debitore possono proporre, impugnando l'uno l'ordinanza che dichiara nullo il pignoramento, l'altro l'ordinanza che assegna le somme. 3.3.1. - I provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione, come osservano i ricorrenti nel loro primo motivo, non hanno attitudine al giudicato. Questo non esclude che il giudice dell'esecuzione in vista dei provvedimenti che deve adottare per dare corso al processo od e' richiesto di adottare a seguito di istanze delle parti nei casi previsti dal codice di procedura possa e talora debba sentire le altre parti e gli interessati e che, in vista degli stessi provvedimenti, le parti che vi hanno interesse debbono non sono allegare i fatti rilevanti, ma anche darne prova ed il giudice possa servirsi di ausiliari per acquisire gli elementi di giudizio necessari. In questi termini ne' il contraddittorio (art. 485 cod. proc. civ.) ne' l'istruzione probatoria possono considerarsi estranei all'esercizio della giurisdizione esecutiva. Per esemplificare, non potrebbe pensarsi ad una decisione di riduzione del pignoramento (art. 496 cod. proc. civ.) adottata senza avere sentito il creditore pignorante e gli intervenuti e senza avere acquisito elementi di giudizio in ordine al valore dei beni pignorati ed alla sufficienza gia' di alcuni soli di essi a soddisfare i crediti vantati. 3.3.2. - La posizione del terzo nell'esecuzione per espropriazione di crediti presso terzi e' quella di un ausiliare del giudice (Sez. Un. 18 dicembre 1987 n. 9407). Il terzo da un lato con la notifica dell'atto di pignoramento e' costituito custode delle risorse del debitore esistenti presso di lui (art. 546 cod. proc. civ.), dall'altro deve dichiarare se, quali e quante sono le risorse disponibili nel momento in cui si e' avuta la notifica del pignoramento (art. 547 c.p.c., comma 1) e se sulle stesse sono gia' caduti altri pignoramenti o sequestri (art. 547 c.p.c., comma 2). Nella disciplina di diritto comune - come il tribunale di Napoli ha esattamente osservato - la dichiarazione del terzo e, in sua vece, il giudizio di accertamento del suo obbligo hanno come necessario, ma anche esclusivo oggetto la questione se il terzo e' o no debitore di cose o somme verso l'esecutato, mentre la diversa questione del se i crediti siano o no pignorabili e' di norma oggetto del diverso giudizio di opposizione configurato dall'art. 615 cod. proc. civ., comma 2, che spetta alla iniziativa dell'esecutato promuovere. Nella disciplina dell'esecuzione forzata in confronto degli enti locali, invece - come si e' visto al punto 2 - la questione della impignorabilita' puo' essere rilevata di ufficio. Ora, la disciplina speciale si presenta caratterizzata da un triplice ordine di fattori: - solo presso il tesoriere possono essere utilmente eseguiti pignoramenti delle risorse degli enti locali; - al tesoriere deve essere notificata dall'ente la delibera che individua le risorse da destinare alle finalita' protette; - e' attraverso il tesoriere che avvengono i pagamenti dei crediti vantati verso l'ente, sia di quelli riconducibili alle destinazioni protette sia degli altri. Se il giudice deve essere posto in grado di stabilire che le disponibilita' esistenti presso il tesoriere non sopravanzano le somme necessarie a coprire le passivita' corrispondenti alle destinazioni protette, e' congruo alla struttura della disciplina speciale ritenere che la funzione del terzo, di ausiliare del giudice, comporti che debba riferire al giudice dell'esecuzione ogni aspetto della situazione concreta se rilevante per la decisione. Ma e' altresi' congruo a tale strutturazione della disciplina il ritenere che la decisione del giudice dell'esecuzione non possa dover essere adottata sulla sola base della dichiarazione resa dal terzo, se contestazioni sono mosse dal creditore nel senso che la dichiarazione debba trovare e non trovi invece corrispondenza in documenti, che il tesoriere dovrebbe avere presso di se', ma che ha mancato di produrre. Le conclusioni che si debbono trarre da cio' che si e' venuto dicendo sono le seguenti: - non rileva che il debitore compaia o no nella udienza stabilita per la dichiarazione del terzo e che vi sollevi o no questioni circa la pignorabilita' delle somme esistenti presso il tesoriere); - il tesoriere ha l'onere di dichiarare ogni fatto rilevante ai fini dell'accertamento della pignorabilita' - riguardi la delibera di destinazione delle somme agli impieghi protetti o gli altri pagamenti - e, in presenza di contestazioni da parte del creditore, puo' essere richiesto dal giudice di documentarli; - e' sulla base di tale dichiarazione e della documentazione presentata dal tesoriere e se del caso dal creditore procedente, che il giudice dell'esecuzione riterra' esistenti le condizioni cui si ricollega l'effetto di impignorabilita' e la conseguente nullita' del pignoramento ovvero le riterra' non esistenti, facendo luogo alla assegnazione delle somme pignorate. Questi provvedimenti potranno innescare l'opposizione agli atti esecutivi da parte, rispettivamente, del creditore procedente o del debitore. 3.3.2.1. - Prima di passare ad esaminare la posizione delle parti nel giudizio di opposizione, va messo in rilievo che la soluzione qui accolta si distacca da quella che pur di recente questa Corte ha fatto propria nella sentenza 11 gennaio 2007 n. 387. Questa decisione ha infatti privilegiato l'impostazione, congruente alla disciplina generale, fondata sulla distinzione tra dichiarazione di esistenza, che per se' giustifica l'assegnazione, e vincolo di destinazione, che invece, per acquisire rilevanza nel processo, richiede l'opposizione del debitore. Per altro verso, contro la conclusione accolta qui non stanno h altre decisioni di questa Corte, in particolare le sentenze 29 aprile 2003 n. 6667 e 28 febbraio 1994 n. 9623, su cui i ricorrenti hanno soffermato la loro attenzione, perche', in quei casi, si tratto' di applicare la disciplina di diritto comune, non quella speciale. In fine, la soluzione qui accolta coincide con quella fatta propria dalla piu' recente sentenza 25 gennaio 2008 n. 1710. 3.3.3. - Focalizzando ora l'attenzione sulla opposizione agli atti contro l'ordinanza di nullita', proposta dal creditore, va notato che questi potra' sia criticarla gia' alla stregua della stessa documentazione prodotta dal tesoriere sia sostenere di questa l'incompletezza. Emerge in questo punto il problema degli oneri di allegazione da parte dell'opponente e della distribuzione dell'onere probatorio tra le parti del giudizio, qui il creditore procedente e l'ente locale debitore. La natura oppositiva del rimedio convince di cio', che il creditore procedente ha l'onere di allegare gli specifici fatti dai quali fa discendere l'illegittimita' dell'ordinanza di annullamento e percio', quando intende sostenere, come nel caso, che l'efficacia della delibera di destinazione e' stata resa inoperante da successivi pagamenti per debiti estranei eseguiti senza il rispetto del dovuto ordine cronologico, deve allegare quali specifici pagamenti abbiano determinato gli effetti da lui postulati. Ma non appare condivisibile, quanto questa Corte ha in altra occasione ritenuto, con la sentenza 6 giugno 2006 n. 13263, che spetti al creditore provare il fatto allegato, anziche' all'ente locale dare la prova del contrario. Il principio della vicinanza della prova - cui questa sezione ha fatto in epoca recente costante riferimento per regolare la distribuzione dell'onere della prova (Cass. 2 febbraio 2007 n. 2308; 9 novembre 2006 n. 23918; 20 febbraio 2006 n. 3651; 21 luglio 2003 n. 11316) - convince di cio', che spetta all'ente locale dimostrare che in occasione dei diversi pagamenti cui il creditore ha fatto riferimento l'ordine richiesto dal D.Lgs. n. 279 del 2000, art. 159, non e' stato violato, ma rispettato. E questo perche', diversamente dal privato, il comune e' nelle migliori condizioni per farlo, con la documentazione in possesso suo e del tesoriere circa i procedimenti d'erogazione della spesa. 3.3.4. - E' in questi limiti e sotto questo aspetto che la tesi sostenuta dai ricorrenti nei motivi indicati all'inizio di questo punto sono fondati. Deve essere percio' rigettato il secondo motivo - con il quale si e' inteso sostenere che l'impignorabilita' deve essere fatta valere dal debitore e non puo' essere rilevata di ufficio nel processo esecutivo, se l'ente locale debitore non compare. Vanno accolti invece il primo, il terzo ed il settimo, per la parte in cui hanno criticato la sentenza impugnata sul punto della distribuzione dell'onere della prova. 4. - Restano da esaminare i motivi quarto, decimo ed undicesimo. L'ultimo di questi motivi, posto in collegamento con gli elementi di fatto richiamati nella parte espositiva del ricorso e con la denuncia di difetto di motivazione che nel motivo e' contenuta a proposito dell'aver i ricorrenti allegato gia' davanti al giudice dell'esecuzione e poi in sede di opposizione che il comune aveva emesso ordini di pagamento senza rispettare il dovuto ordine cronologico presenta una sufficiente specificita', si' da consentire l'accoglimento del motivo nella parte in cui denuncia al riguardo un difetto di motivazione della sentenza, la' dove ha detto non dedotta da parte dei ricorrenti la emissione di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati. Per il resto ed in particolare in quanto si richiamano a contestazioni svolte a proposito del contenuto delle stesse delibere di destinazione delle somme giacenti presso il tesoriere i motivi non sono autosufficienti e sono pertanto inammissibili. 5. - Il ricorso e' in conclusione accolto nei limiti a mano a mano indicati. La sentenza impugnata e' cassata e la causa e' rimessa al giudice di rinvio, che e' designato nel tribunale di Napoli in diversa composizione. La cassazione e' pronunciata in base ai seguenti principi di diritto: - "nel regime dell'espropriazione forzata di somme giacenti i presso il tesoriere - quale risulta dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, e dalla sentenza della Corte costituzionale 18 giugno 2003 n. 211 - e' dovere del tesoriere, in quanto ausiliare del giudice, dichiarare sia se esistono presso di lui somme di cui e' debitore verso l'ente locale sia quale ne e' la condizione in rapporto alla delibera comunale di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi"; - "spetta al giudice dell'esecuzione, anche di ufficio e percio' in caso di assenza dell'ente locale debitore, accertare, in base alla documentazione depositata ed alle osservazioni fatte dal creditore procedente, se il pignoramento sia nullo per essere caduto su somme destinate in base alla delibera notificata al tesoriere, che non abbia perso efficacia per essere stata seguita da pagamenti per debiti estranei, su mandati non emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico"; - "nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso contro l'ordinanza di nullita' dal creditore procedente, il quale sostenga essere il vincolo di destinazione divenuto inefficace, spetta all'opponente allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre spetta all'ente locale dare la prova che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico". Il giudice di rinvio procedera' a nuovo esame del ricorso in opposizione per la parte in cui l'ordinanza di annullamento del pignoramento e' stata pronunciata per difetto di prova circa l'emissione di mandati di pagamento a fini diversi non avvenuta nel rispetto del dovuto ordine cronologico e, in relazione alla indicazione contenuta nell'atto di opposizione che considerasse specifica, riterra' provata o non provata l'allegazione degli opponenti, secondo che il Comune di Pozzuoli non abbia o per converso abbia dato la prova contraria. Al giudice di rinvio e' rimesso di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2008. Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2008