Sentenze Civili della Corte di Cassazione
#ANNO/NUMERO 2006/22489       #SEZ 1                   #NRG 2003/15267
                                                       #NRG 2003/18494
#UDIENZA DEL 28/06/2006                      #DEPOSITATO IL 19/10/2006
#MASSIMATA NO

#RICORRENTE Conpapi - Confederazione Italiana Della Piccola E Media Industria
#AVV RICORRENTE Occhipinti Mario
#RESISTENTE Unindustria Pordenone - Unione Industriali Della Provincia Di Pordenone
#AVV RESISTENTE 


                         REPUBBLICA ITALIANA           Ud. 28/06/06
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  R.G.N. 15267/2003
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE         18494/2003
                        SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO      Vincenzo                           - Presidente  -
Dott. MORELLI    Mario Rosario                      - Consigliere -
Dott. GILARDI    Gianfranco                         - Consigliere -
Dott. DEL CORE   Sergio                             - Consigliere -
Dott. DEL CORE   Sergio                        - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONPAPI - CONFEDERAZIONE ITALIANA DELLA PICCOLA E MEDIA INDUSTRIA, in
persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA   BELSIANA  71,  presso  l'avvocato  OCCHIPINTI  MARIO,  che   la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
                                                       - ricorrente -
                               contro
UNINDUSTRIA  PORDENONE  -  UNIONE  INDUSTRIALI  DELLA  PROVINCIA   DI
PORDENONE;
                                                         - intimata -
e sul 2^ ricorso n. 18494/03 proposto da:
ONINDUSTRIA  PORDENONE  -  UNIONE  INDUSTRIALI  DELLA  PROVINCIA   DI
PORDENONE,  in  persona  del  Presidente pro  tempore,  elettivamente
domiciliato  in  ROMA VIA G. G. BELLI 27, presso  l'avvocato  GIACOMO
MEREU,  che  lo  rappresenta e difende unitamente all'avvocato  BRUNO
MALATTIA,  giusta  mandato  a  margine del  controricorso  e  ricorso
incidentale;
                                                       - ricorrente -
                               contro
CONPAPI - CONFEDERAZIONE ITALIANA DELLA PICCOLA E MEDIA INDUSTRIA, in
persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA   BELSIANA  71,  presso  l'avvocato  MARIO  OCCHIPINTI,  che   la
rappresenta   e  difende,  giusta  delega  a  margine   del   ricorso
principale;
                          - controricorrente al ricorso incidentale -
avverso  la  sentenza  n.  1577/02 della  Corte  d'Appello  di  ROMA,
depositata 11 18/04/02;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
28/06/2006 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO;
udito  per  il  ricorrente,  l'Avvocato  OCCHIPINTI  che  ha  chiesto
l'accoglimento  del  ricorso principale  e  il  rigetto  del  ricorso
incidentale;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
CARESTIA  Antonietta  che ha concluso per il rigetto  di  entrambi  i
ricorsi.
                      SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.  -  Con ricorso depositato in data 10 febbraio 1997, la CONFAPI  -
Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria -  chiese  al
Tribunale   di   Roma  che  fosse  ingiunto  "all'API   Pordenone   -
Associazione Piccole e Medie industrie, ora Unione industriali  della
Provincia  di Pordenone", il pagamento della somma di L.  85.131.380,
oltre  ad  interessi  legali  dal 13 novembre  1996,  per  contributi
associativi dovuti per le rare scadute e non pagate per l'anno 1996 e
fino  al  marzo  1997. Premesso che l'API era un'organizzazione  gia'
aderente  alla CONFAPI, e che in data li maggio 1996 aveva deliberato
il recesso, comunicato con lettera del 29 ottobre 1996, la ricorrente
riteneva sussistente l'obbligo del pagamento del contributo  fino  al
mese  di  ottobre 1997, poiche', ai sensi dell'art. 8  dello  statuto
CONFAPI,  il  recesso diveniva efficace dopo dodici mesi  dalla  data
della  comunicazione; e sottolineava che l'API aveva riconosciuto  il
proprio credito proponendo un pagamento rateale.
2. - In data 21 aprile 1997 venne emesso il decreto, avverso il quale
propose   opposizione  l'Unione  Industriali   della   Provincia   di
Pordenone,  eccependo la inesistenza del decreto  stesso,  in  quanto
emesso  nei confronti dell'API, gia' estinta al momento dell'apertura
del   procedimento   monitorio,   per   effetto   di   fusione,   per
incorporazione,  deliberata con atto notarile  in  data  18  dicembre
1996, con l'Associazione Industriali (Assindustria) di Pordenone, che
aveva mutato la propria denominazione in quella di Unione Industriali
(Unindustria) della Provincia di Pordenone, Nel merito,  rilevo'  che
lo  statuto  della  CONFAPI non consentiva la trasmissibilita'  della
qualita'  di associato, e che, inoltre, a seguito della comunicazione
del  recesso,  l'API era stata esclusa dagli organismi di  credito  e
finanza  della  Confederazione. Dedusse infine la  opponente  che  la
CONFAPI  non aveva osservato la procedure previste dallo  statuto  in
caso  di  mancato pagamento del contributo, e cioe' la  contestazione
dell'inadempimento con raccomandata e la concessione di trenta giorni
per il pagamento.
3.   -   Il   Tribunale  respinse  la  opposizione,  osservando,   in
particolare, quanto alla eccezione di inesistenza del decreto, che la
valutazione  complessiva  degli elementi contenuti  nel  ricorso  per
ingiunzione,  nel  provvedimento  e  nella  notifica  dello   stesso,
avvenuta nei confronti dell'Unione Industriali, faceva superare  ogni
incertezza sulla esatta identificazione dell'intimato.
4.  - La sentenza fu impugnata dall'Unione Industriali, che ripropose
la  eccezione  di inesistenza del decreto ingiuntivo per  le  ragioni
gia'  esposte, e, nel merito, contestata l'attribuzione, operata  dal
Tribunale,  di carattere ricognitivo del debito alla missiva  inviata
in  data  4  dicembre 1996 dal Presidente dell'API alla  CONFAPI,  la
quale non aveva avuto una finalita' transattiva, ma semplicemente  lo
scopo  di  venire  incontro  alle pretese della  Confederazione,  per
evitare  l'insorgere  di vertenze, escluse comunque  la  decenza  dei
contributi  in questione per il 1997, periodo successivo al  recesso,
nel  quale,  a  seguito  della fusione, era venuto  meno  il  vincolo
associativo.
5.  - ha. Corte d'appello, con sentenza depositata il 18 aprile 2002,
revoco'  il decreto ingiuntivo, condannando l'appellante al pagamento
della  minor  somma  di Euro 29.475,80, oltre agli interessi  legali.
Confermata la decisione di primo grado, quanto alla identificabilita'
del destinatario del decreto, la Corte, senza affrontare la questione
del  carattere ricognitivo di debito o di proposta transattiva  della
citata  missiva  del Presidente dell'Api, escluse la sussistenza,  in
base all'art. 8 dello statuto della CONFAPI, dell'obbligo dell'Unione
industriali di pagare il contributo per il 1997, osservando che detto
obbligo e' connesso alla posizione di associato CONFAPI, venuta  meno
per  l'API  con  la sua estinzione dal gennaio 1997,  e  non  potendo
subentrare  l'Unione Industriali nel vincolo associativo per  effetto
dello  specifico divieto posto dal predetto statuto.  Nessun  rilievo
era  da  attribuirsi, secondo la Corte territoriale, alla previsione,
contenuta nel predetto art. 8 dello statuto, relativa al differimento
della  efficacia  del  recesso alla scadenza  di  dodici  mesi  dalla
comunicazione dello stesso, non contraddicendo detta disposizione  la
necessita'  del  collegamento tra l'obbligo  di  contribuzione  e  la
qualita'  di  associato,  e potendo, pertanto,  valere  ad  affermare
l'obbligo di contribuzione dell'API per tutto l'anno 1996, nel  quale
la  predetta  Associazione era ancora esistente,  ma  non  anche  per
l'anno  successivo, nel quale, con la nascita del nuovo soggetto  per
effetto della fusione, essa si era estinta.
Quanto  agli  interessi legali sulla somma dovuta, la Corte  distinse
l'importo richiesto per rate gia' scadute alla data del recesso, pari
a  L. 21.2.17.000 - sul quale gli interessi andavano riconosciuti dal
13  novembre  1996,  data  della lettera con  la  quale  si  invitava
all'immediato  pagamento - e l'importo di L. 35.856.100,  relativo  a
rate scadute successivamente, sul quale, in difetto di prova circa il
tempo  previsto  per l'adempimento, gli interessi  competevano  dalla
data della domanda. Il giudice di seconde cure condanno', quindi,  la
Confederazione  appellata  a  restituire  all'appellante   le   somme
corrisposte per effetto del decreto ingiuntivo, eccedenti il predetto
minore   importo  dallo  stesso  giudice  riconosciuto,  oltre   agli
interessi  legali  dalla data del pagamento  al  saldo,  e  condanno'
l'appellante alla rifusione, in favore della CONFAPI, dei  due  terzi
delle spese dei due gradi del giudizio.
6.  -  Avverso  tale  sentenza  ricorre per  cassazione  la  CONFAPI,
affidandosi  a quattro motivi. Resiste con controricorso  l'intimata,
che  ha altresi' proposto ricorso incidentale, al quale la ricorrente
principale a sua volta resiste con controricorso.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
1.  -  Deve, preliminarmente, disporsi, ai sensi dell'art.  335  cod.
proc.   civ.,  la  riunione  del  ricorso  principale  e  di   quello
incidentale,   in  quanto  proposti  nei  confronti  della   medesima
sentenza.
2.  -  Evidenti  ragioni di priorita' logica  impongono  di  dare  la
precedenza  all'esame  del  ricorso  incidentale,  che  solleva   una
eccezione  preliminare che, ove accolta, vanificherebbe  l'esame  del
ricorso principale.
3.  - Con il primo motivo del ricorso incidentale, infatti, si deduce
violazione  e  falsa applicazione degli artt. 161 - 132  -  641  cod.
proc.  civ.,  nullita'  del procedimento e  della  sentenza,  nonche'
omessa,  insufficiente e contraddittoria motivazione circa  un  punto
decisivo  della controversia. Avrebbe errato la Corte di  merito  nel
disattendere  la eccezione di inesistenza del decreto  ingiuntivo  di
cui  tratta,  sollevata  dalla Unione Industriali  di  Pordenone,  in
quanto  tale  provvedimento intimava il pagamento  a  soggetto  ormai
inesistente, senza che assumesse rilievo la circostanza - sulla quale
e'  fondata,  per  la parte che qui ne occupa, la  motivazione  della
sentenza  impugnata - che, nella specie, non potessero sorgere  dubbi
circa   la   identificazione  della  destinataria  del  provvedimento
monitorio,  che  sarebbe  stata,  appunto,  l'Unione  industriali  di
Pordenone,  e  non  gia' l'API di Pordenone, gia'  estinta.  Siffatta
affermazione  peccherebbe di apoditticita', ove si consideri  che  il
ricorso  per decreto ingiuntivo proposto dalla CONFAPI non  conteneva
alcun  riferimento  al negozio di fusione con il  quale  Assindustria
Pordenone  aveva  incorporato  l'API Pordenone,  assumendo  la  nuova
denominazione  di  Unione  degli  Industriali  della   Provincia   di
Pordenone:  sicche'  il  Presidente  del  Tribunale,  ignorando  tale
vicenda  estintiva,  aveva  emesso il  decreto  nei  confronti  della
medesima  Associazione, che aveva ritenuto, sulla base del ricorso  -
in  cui  si  faceva  riferimento testualmente alla "API  PORDENONE  -
Associazione  Piccole e Medie Industrie ora Unione degli  Industriali
della  Provincia di Pordenone" -, la destinataria del  provvedimento,
salva la modifica della denominazione.
4.1. - La censura e' infondata.
4.2.  -  La  Corte  di  merito  ha  correttamente  motivato  il   suo
convincimento in ordine alla non configurabilita', nella  specie,  di
una  ipotesi  di inesistenza del provvedimento monitorio  per  essere
stato   reso  nei  confronti,  di  un  soggetto  non  piu'  in  vita,
sottolineando  la  sicura identificabilita'  del  destinatario  della
ingiunzione  nella  Unione  degli  Industriali  della  Provincia   di
Pordenone,  quale emergente non solo dal ricorso - nel quale,  al  di
la' della rilevata omissione del riferimento alla fusione intervenuta
tra  l'Assindustria Pordenone e l'API, incorporata dalla  prima,  era
evidente  che la domanda della CONFAPI fosse diretta al conseguimento
del pagamento dei contributi da parte della Unione Industriali -,  ma
altresi'  dalla  notifica del decreto, effettuata  nei  confronti  di
quest'ultima.   Al  riguardo,  deve  ribadirsi  l'orientamento   gia'
espresso  da  questa  Corte, secondo il quale la  domanda  giudiziale
contenuta  nel  ricorso  per decreto ingiuntivo  contro  un  soggetto
determinato  e  la  notificazione allo stesso del decreto  ingiuntivo
investono il destinatario della notificazione della qualita' di parte
tenuta  ad effettuare le prestazioni indicate nel decreto stesso,  e,
nel   caso  di  decreto  provvisoriamente  esecutivo,  di  parte  nei
confronti  della  quale puo' essere esperimentata l'azione  esecutiva
per  la realizzazione della condanna (Cass., sent. n. 2120 del  1994,
richiamata anche nella sentenza impugnata).
5. - Il mancato accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale
assorbe  l'esame  della  seconda  censura,  contenuta  nello   stesso
ricorso, concernente la violazione e falsa applicazione dell'art.  91
cod.  proc. civ. e degli artt. 4, 5, 6 e 15 della Tariffa Forense  di
cui  al  D.M.  5 ottobre 1995, fondata sulla necessita', che  sarebbe
conseguita alla riforma della sentenza impugnata, di porre  a  carico
della CONFAPI le spese di entrambi i gradi del giudizio.
6.  -  Quanto al ricorso principale, con il primo motivo dello stesso
si  deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 342  -  345  e
dell'art. 112 cod. proc. civ., nonche' violazione dell'art. 101  cod.
proc.  civ..  Si  lamenta  che  i motivi introdotti  dall'appellante,
concernenti la non spettanza del contributo alla CONFAPI per 11 1997,
non   si   riferissero  al  decreto  impugnato,  e  che  gli   stessi
contenessero  ragioni  di indagine diverse da  quelle  sviluppate  in
primo  grado,  risultando,  pertanto,  inammissibili,  ai  sensi  del
disposto dell'art. 345 cod. proc. civ., comma 2.
7.1. - La censura non e' meritevole di accoglimento.
7.2.  -  Non e' ravvisatile, nell'atto di citazione in appello  della
Unione Industriali della Provincia di Pordenone, una domanda tendente
ad  introdurre un nuovo tema di indagine e di decisione. Gia' in sede
di  opposizione al decreto ingiuntivo, infatti, l'attuale  resistente
aveva  dedotto di nulla dovere, e quella che la ricorrente  prospetta
come  domanda nuova non era, in realta', null'altro che una ulteriore
articolazione difensiva, recante la precisazione che era  sicuramente
da  escludere  la  debenza dei contributi per l'epoca  successiva  al
venir  meno  del  vincolo  associativo per effetto  della  estinzione
dell'API, e della non trasmissibilita' di detto vincolo, per espresso
dettato dello statuto della CONFAPI, al nuovo soggetto.
8.   -  Con  il  secondo  motivo,  si  denuncia  violazione  e  falsa
applicazione  degli  artt. 633 e 634 cod.proc.civ.,  nonche'  omessa,
insufficiente  e contraddittoria motivazione circa un punto  decisivo
della  controversia. Si duole la ricorrente che la  Corte  capitolina
abbia  revocato  il  decreto ingiuntivo emesso  a  suo  favore  senza
esporre  i  motivi della decisione, erronea in quanto, nella  specie,
sarebbero  stati presenti tutti i presupposti richiesti  dagli  artt.
633  e  seguenti  cod. proc. civ. per la emissione del  provvedimento
monitorio.
9.1. - Il motivo e' infondato.
9.2.   -  E'  sufficiente,  al  riguardo,  richiamare  l'orientamento
espresso  dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo il quale,  nel
giudizio  di  opposizione a decreto ingiuntivo  -  che,  nel  sistema
delineato  dal  codice  di  procedura civile,  si  atteggia  come  un
procedimento  il  cui  oggetto non e' ristretto alla  verifica  delle
condizioni di ammissibilita' e di validita' del decreto stesso, ma si
estende  all'accertamento, con riferimento alla situazione  di  fatto
esistente al momento della pronuncia della sentenza, e non a  quello,
anteriore, della domanda o dell'emissione del provvedimento  opposto,
dei  fatti  costitutivi del diritto in contestazione -,  il  giudice,
qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, una eccezione  di
pagamento formulata dall'opponente (che e' gravato dal relativo onere
probatorio), con l'atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve
comunque  revocare in toto il decreto opposto, senza  che  rilevi  in
contrario  neanche  l'eventuale  posteriorita'  dell'accertato  fatto
estintivo  al  momento  dell'emissione  suddetta,  sostituendosi   la
sentenza  di  condanna al pagamento di residui  importi  del  credito
all'originario decreto ingiuntivo (Cass., SS.UU. sent.  n.  7448  del
1993).
9.3. - Nella specie, la Corte capitolina ha riformato parzialmente la
decisione  sulla opposizione al decreto ingiuntivo di cui di  tratta,
condannando la unione degli Industriali della Provincia di  Pordenone
al  pagamento,  in  favore della CONFAPI, di una  somma  inferiore  a
quella  recata dal decreto stesso: detta riforma, sia pure  parziale,
comportava la revoca del provvedimento monitorio.
10.   -   Con  il  terzo  motivo,  si  denuncia  violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 24 cod. civ., ultrapetizione, nonche'  omessa,
insufficiente  e contraddittoria motivazione circa un punto  decisivo
della controversia.
Lamenta  la  ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe  tenuto
conto   della   clausola   contenuta  nell'atto   di   fusione,   per
incorporazione, dell'API di Pordenone con la Associazione Industriali
della  Provincia di Pordenone, secondo la quale quest'ultima, assunta
la nuova denominazione di Unione degli Industriali della Provincia di
Pordenone,  avrebbe  assunto  tutti i  diritti,  gli  obblighi  e  le
posizioni  giuridiche facenti capo all'associazione incorporata;  ne'
avrebbe  considerato  che  la Unindustria  Pordenone  non  aveva  mai
contestato  la validita' della clausola contenuta nell'art.  8  dello
statuto  CONFAPI, che prevede la efficacia del recesso dell'associato
alla scadenza del dodicesimo mese successivo alla comunicazione della
volonta'  di recedere dal rapporto associativo. Del resto, rileva  la
ricorrente,   la   liberta'  del  singolo   associato   di   recedere
(eventualmente,  anche con effetto immediato, in presenza  di  giusta
causa)  deve  armonizzarsi con la liberta' degli altri  associati  di
svolgere  la  loro attivita' nella organizzazione facendo affidamento
sulla   relativa   stabilita',  anche  finanziaria,  assicurata   dai
contributi     associativi.    Pertanto,    ferma     restando     la
intrasmissibilita'  del vincolo associativo, e  la  esclusione  della
Unindustria  Pordenone  dal  sistema  confederale,  sarebbe  comunque
richiesto  il versamento dei contributi che l'API Pordenone,  si  era
obbligata  a corrispondere. Infine, in merito alla statuizione  della
Corte territoriale sugli interessi legali, si lamenta, oltre al fatto
che  essa  sarebbe  stata  resa sulla  base  di  deduzioni  nuove  e,
pertanto,  inammissibili, la erroneita' dell'affermazione secondo  la
quale, in difetto di prova circa il tempo previsto per l'adempimento,
gli interessi competerebbero dalla data della domanda di ingiunzione,
trattandosi   di   contribuzioni  dall'importo  certo,   liquido   ed
esigibile,  con scadenza periodica prevista mensilmente, relative  ai
mesi di settembre - ottobre - novembre - dicembre 1996.
11.1. -La censura e' infondata.
11.2. - Va premesso che, nella disciplina previgente alla riforma del
diritto  societario di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 -  che  ha
introdotto  l'art. 2505 bis cod. civ., a norma del quale  la  fusione
tra   societa'   non  determina,  nelle  ipotesi   di   fusione   per
incorporazione, l'estinzione della societa' incorporata, ne' crea  un
nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua
l'unificazione  mediante  l'integrazione  reciproca  delle   societa'
partecipanti  alla  fusione, risolvendosi in  una  vicenda  meramente
evolutivo- modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva
la propria identita', pur in un nuovo assetto organizzativo (v. Cass.
SS.UU.  ord.  n  2637  del  2006) -,  il  fenomeno  della  fusione  o
incorporazione  di  societa'  realizza  una  successione  universale,
corrispondente alla successione universale mortis causa, e postula la
sussistenza  di  un  soggetto  risultante  o  incorporante,  con   la
conseguente  confusione  dei  rispettivi  patrimoni  delle   societa'
preesistenti.
Peraltro,   per   quanto  attiene  alla  specifica  questione   della
trasmissibilita'  della  qualita'  di  associato  esistente  in  capo
all'ente   incorporato,   l'art.   24   cod.   civ.   esclude    tale
trasmissibilita',  salvo  che la trasmissione  sia  consentita  dallo
statuto o dall'atto costitutivo.
11.3.  - Nella specie, la clausola contenuta nell'atto di fusione,  e
richiamata  dalla ricorrente, che prevedeva l'accollo degli  obblighi
della associazione incorporata in capo alla Incorporante, attiene  ai
rapporti  interni  tra  le  due  associazioni  tra  le  quali  si  e'
realizzata  la  fusione  stessa,  ma  e'  inidonea  ad  inficiare  la
validita'  del dettato statutario della CONPAPI, il quale, come  gia'
chiarito,  esclude la trasmissibilita' della qualita'  di  associato,
cui  e' connesso l'obbligo del versamento dei contributi. Ne consegue
che   in   nessun   caso   Unindustria  di  Pordenone,   associazione
incorporante  l'API,  estinta  per  effetto  della  fusione,   poteva
considerarsi obbligata al versamento dei contributi per il 1997,  cui
solo  l'API  sarebbe stata tenuta, ove il rapporto associativo  fosse
proseguito,  per l'intero arco temporale di quell'anno, e,  comunque,
ove non fosse venuta meno per effetto della riferita fusione, fino al
mese  di ottobre 1997, in virtu' del disposto dell'art. 8 del  citato
statuto  CONFAPI,  che  differisce la  efficacia  del  recesso  dalla
Confederazione,  quanto alla perdita della qualita'  di  associato  e
conseguente  obbligo  di  versamento dei  relativi  contributi,  alla
scadenza  di  dodici mesi dallo stesso (nella specie, comunicato  con
lettera del 29 ottobre 1996).
11.4.  - Quanto, infine, alla decorrenza degli interessi legali sulle
somme  dovute,  va  anzitutto  escluso  il  carattere  di  novita'  e
conseguente  inammissibilita'  della relativa  deduzione,  per  avere
l'appellante  chiesto la condanna della CONFAPI agli interessi  sulla
somma  percepita  a  titolo  di contributi  ritenuti  dall'appellante
stessa  non dovuti. Correttamente motivata risulta, poi, la decisione
della Corte di merito nella parte in cui ha fissato due distinte date
di  decorrenza  degli  interessi  sulle  somme  dovute  a  titolo  di
contribuzione,  in  relazione  ai due  diversi  importi  in  cui  era
ripartito   il  credito  della  CONFAPI,  quello  corrispondente   ai
contributi confederali dovuti per le rate gia' scadute alla data  del
recesso - in relazione al quale gli interessi legali sono Stati fatti
decorrere  dalla data della lettera con cui ne era stato  chiesto  il
pagamento - e quello concernente i ratei successivi, per il quale gli
interessi  non  potevano che essere riconosciuti a  far  tempo  dalla
domanda,  avuto riguardo alla incertezza circa le modalita' temporali
dell'adempimento, delle quali non era stata fornita dimostrazione.
12.  -  Resta  assorbito dal rigetto dei motivi sopra  illustrati  il
quarto  motivo  del ricorso principale, concernente la  violazione  e
falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ. e degli artt. 4, 5, 6
e  15  della  Tariffa Forense di cui al D.M. 5 ottobre 1995,  fondata
sulla  necessita', che sarebbe conseguita alla riforma della sentenza
impugnata,  di  porre  integralmente a carico  della  Unindustria  di
Pordenone  le  spese del giudizio, anche per il precedente  grado  di
merito.
13.  -  Conclusivamente,  va rigettato il primo  motivo  del  ricorso
incidentale,  assorbito  il secondo. Vanno,  parimenti,  rigettati  i
primi tre motivi del ricorso principale, assorbito il quarto.
In   considerazione  della  complessita'  delle  questioni  trattate,
attestata anche dalle differenti opzioni adottate dai diversi giudici
di  merito chiamati ad esprimersi in ordine ad esse, si ritiene  equo
disporre  la  compensazione tra le parti  delle  spese  del  presente
giudizio.
                               P.Q.M.
La  Corte,  riuniti  i ricorsi, rigetta il primo motivo  del  ricorso
incidentale,  assorbito il secondo. Rigetta i primi  tre  motivi  del
ricorso principale, assorbito il quarto. Dichiara compensate  tra  le
parti le spese del presente giudizio.
Cosi'  deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione  Prima
Civile, il 28 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2006