Sentenze Civili della Corte di Cassazione
#ANNO/NUMERO 2006/26149       #SEZ 1                   #NRG 2003/16484
#UDIENZA DEL 12/07/2006                      #DEPOSITATO IL 06/12/2006
#MASSIMATA NO

#RICORRENTE Reno De Medici S.p.a.
#AVV RICORRENTE Manzi Luigi
#RESISTENTE Unione Industriale Della Provincia Di Torino
#AVV RESISTENTE Contento Giancarlo


                         REPUBBLICA ITALIANA           Ud. 12/07/06
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  R.G.N. 16484/2003
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS   Rosario                            - Presidente  -
Dott. PLENTEDA   Donato                             - Consigliere -
Dott. RORDORF    Renato                             - Consigliere -
Dott. CECCHERINI Aldo                               - Consigliere -
Dott. SCHIRO'    Stefano                       - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RENO  DE  MEDICI  s.p.a.,  in persona del legale  rappresentante  pro
tempore,  elettivamente  domiciliata in  Roma,  via  Confalonieri  5,
presso l'avv. MANZI Luigi, che la rappresenta e difende, insieme  con
l'avv.  CASALE Mario di Milano e l'avv. SANTILLI Giorgio  di  Torino,
per procura in atti;
                                                       - ricorrente -
                               contro
UNIONE  INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI TORINO, in persona del  legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  in  Roma,  via
Goiran  23,  presso l'avv. CONTENTO Giancarlo, che la  rappresenta  e
difende, insieme con l'avv. MARTORELLI Renato di Torino, per  procura
in atti;
                                                 - controricorrente -
                                  e
BINDA  s.p.a.  in liquidazione, in persona del legale  rappresentante
pro  tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via L. Bissolati 72,
presso  l'avv.  SPINELLI  GIORDANO  Tommaso,  che  la  rappresenta  e
difende,  insieme con l'avv. BASTIANON Sergio di Busto  Arsizio,  per
procura in atti;
                                                 - controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 623 in data 8
maggio 2002;
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza in  data
12 luglio 2006 dal relatore, Consigliere Dott. SCHIRO' Stefano;
uditi,  per la ricorrente, l'avv. COGLITORE Emanuele per delega;  per
la  controricorrente  Binda s.p.a. in liquidazione,  l'avv.  SPINELLI
GIORDANO Tommaso e, per la controricorrente Unione industriale  della
Provincia di Torino, l'avv. CONTENTO Giancarlo;
udito  il P.M., in persona del sostituto procuratore generale,  Dott.
CAFIERO Dario, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
                      SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.  Con  decreto  notificato il 3 novembre  1989  il  Presidente  del
Tribunale  di Torino ingiungeva alla Reno De Medici s.p.a. di  pagare
alla  Unione  industriale della Provincia di Torino la  somma  di  L.
61.997.891  a titolo di versamento di quote associative  relative  al
periodo quarto quadrimestre 1986 - secondo trimestre 1988.
A  sostegno  del ricorso per decreto ingiuntivo, l'Unione industriale
aveva dedotto che:
a)  uno  dei  soci fondatori della stessa Unione era stata,  fin  dal
1906,  la  societa' in accomandita per azioni L. De Medici &  C,  con
sede in (OMISSIS);
b)  con  lettera  del  12 maggio 1986, la s.p.a.  Cartiere  Binda  De
Medici,  originata  dalla  fusione della societa'  anzidetta  con  la
s.p.a.   Cartiere  Binda,  aveva  confermato  l'adesione   all'Unione
relativamente allo stabilimento di (OMISSIS);
c)  con  lettera ricevuta il 14 ottobre 1986 la ricorrente era  stata
informata   del  conferimento  dello  stabilimento  di  (OMISSIS),   a
decorrere dal precedente 1 ottobre, nella societa' Cartiera del  Reno
e  della nascita di una nuova societa', la s.p.a. Reno De Medici,  la
quale, a differenza delle preesistenti societa' che avevano pagato  i
contributi  fino  al  terzo trimestre 1986, era  rimasta  morosa  dal
quarto  trimestre  1986 fino al secondo trimestre  1988,  quando  era
stata sospesa per morosita'.
2.  Avverso  tale  decreto  ingiuntivo, con  atto  notificato  il  21
novembre  1989,  la  s.p.a.  Reno  de Medici  proponeva  opposizione,
deducendo che il decreto stesso era privo di data di emissione e  non
era  fondato  su  prova  scritta, in  quanto  nessuno  dei  documenti
allegati  al  ricorso era idoneo a provare che l'opponente  si  fosse
associata alla Unione industriale con iscrizione autonoma rispetto  a
quella    della   Cartiere   Binda   De   Medici   s.p.a.   (divenuta
successivamente  Sottrici Binda s.p.a.), o che  fosse  succeduta  nel
rapporto associativo, di carattere personale, in precedenza posto  in
essere dalla stessa Cartiere Binda De Medici.
Pertanto  l'opponente,  nel  convenire  in  giudizio  sia  la  Unione
industriale  di  Torino  che  la  s.p.a.  Sottrici  Binda,   chiedeva
dichiararsi nullo e revocarsi il decreto ingiuntivo e rigettare  ogni
domanda  di  controparte e, in subordine, nella denegata  ipotesi  di
conferma  del  decreto  e di accoglimento della  domanda,  dichiarare
tenuta alla manleva la societa' Sottrici Binda., con il favore  delle
spese.
3.  Radicatosi  il contraddittorio, la Unione industriale  di  Torino
resisteva all'opposizione, eccependo, tra l'altro, di aver continuato
a  fornire i servizi d'istituto in perfetta buona fede, avendo  fatto
affidamento, da un lato, sulle lettere di controparte, con  le  quali
erano   stati  comunicati  la  nuova  denominazione  della   societa'
associata  e il numero dei dipendenti in forza presso lo stabilimento
di  (OMISSIS),  ai fini del conteggio e dell'addebito  dei  contributi
associativi,   e,   dall'altro,   sulle   circostanze   relative   al
proseguimento, da parte della societa' associata, del versamento  dei
contributi   associativi  e  alla  sua  accettazione  dell'assistenza
fornita dall'Unione medesima.
Resisteva  in  giudizio  anche la s.p.a.  Sottrici  Binda,  eccependo
l'improponibilita',  in  forza  di  clausola  compromissoria,   della
domanda    di   manleva   e   chiedendo   nel   merito   il   rigetto
dell'opposizione.
4.  Il  Tribunale  di  Torino,  con  sentenza  del  23  agosto  1996,
dichiarava  nullo il decreto ingiuntivo oggetto dell'opposizione,  ma
condannava  la societa' opponente a pagare all'Unione industriale  la
somma  richiesta  e  le  spese processuali in favore  di  entrambi  i
convenuti.
5.   Proponeva   appello  la  societa'  Reno  De  Medici,   chiedendo
l'accoglimento delle domande formulate in primo grado  e  proponendo,
in  ogni caso, querela di falso del documento sul quale si era basata
la  sentenza  di  condanna (ossia la lettera  ricevuta  dalla  Unione
industriale  il  14  ottobre  1986,  il  cui  contenuto   era   stato
interpretato  dai  primi  giudici  come  richiesta  di  subentro  nel
rapporto associativo che la societa' Cartiera del Reno aveva  rivolto
all'Unione  industriale stessa all'atto di acquisire lo  stabilimento
di (OMISSIS)).
Costituitesi ritualmente le appellate Unione industriale di Torino  e
Binda  s.p.a.  (gia' con ragione sociale Sottrici Binda  s.p.a),  che
chiedevano  il  rigetto  dell'appello e la  conferma  della  sentenza
impugnata,  costituitasi  altresi' in corso  d'istruttoria  la  Binda
s.p.a.  in  liquidazione, la causa veniva sospesa fino all'esito  del
giudizio sulla querela di falso, che veniva definito con sentenza  n.
5186/01,  passata in giudicato, con la quale il Tribunale  di  Torino
accertava la falsita' della sottoscrizione del documento controverso,
in   considerazione   della   sua   non   riferibilita'   al   legale
rappresentante della societa' opponente.
6. Riassunta la causa, la Corte di appello di Torino, con sentenza n.
623   in  data  8  maggio  2002,  respingeva  l'appello,  condannando
l'impugnante  alle spese del grado. A fondamento della  decisione  la
Corte territoriale affermava che:
a) sebbene il Tribunale di Torino, con sentenza passata in giudicato,
avesse    dichiarato   il   documento   controverso    falso    nella
sottoscrizione,  detta  falsita' era da interpretare,  in  base  alla
motivazione, nel senso che piuttosto "che all'apparente  autore  Reno
de  Medici  s.p.a." esso era riferibile "al sig.         B.A.",  il
quale  "non era il legale rappresentante della Reno De Medici s.p.a.,
bensi'  rivestiva la carica di dirigente dell'Ufficio  del  personale
dello stabilimento di (OMISSIS)";
b)  pertanto la falsita' in questione non era assimilabile a  quella,
puramente  materiale,  di  una  firma  apocrifa,  ma  era   di   tipo
ideologico, in quanto l'autore della sottoscrizione apposta sotto  il
timbro  della  societa'  era  privo del potere  di  rappresentare  la
societa' stessa;
c) di conseguenza la falsita' della firma non appariva sufficiente ad
accogliere  l'appello,  dovendosi prima verificare  se  l'affidamento
riposto   sul  documento  in  questione  dalla  destinataria   Unione
industriale di Torino, per dedurne la contestata pretesa al pagamento
delle  quote  associativi fosse stata colpevole o meno e soltanto  in
caso di risposta affermativa concludere per il rigetto della domanda;
d)  la  Unione  industriale non aveva avuto motivo di dubitare  della
riferibilita'  della lettera alla societa' Reno  De  Medici,  il  cui
timbro  a  secco risultava stampigliato in calce, in quanto la  firma
apposta sotto il timbro, se pur non leggibile, era identica a  quella
apposta  sotto  il  timbro Cartiere Binda De Medici nelle  precedenti
lettere inviate alla Unione industriale in data 12 maggio 1986  e  18
giugno   1986,   aventi  ad  oggetto  il  versamento  di   contributi
associativi e la comunicazione di inoltro all'Ispettorato del  lavoro
di  una  determinata  risposta  in  base  ad  accordi  intercorsi,  e
corrispondeva,  per pacifica ammissione della societa'  opponente,  a
quella di          B.A.;
inoltre  la  Reno  de Medici s.p.a., con successive  lettere  del  20
gennaio  e del 20 luglio 1987, redatte su identica carta intestata  e
firmate  in maniera analoga sotto il timbro "Reno De Medici  s.p.a.",
aveva  continuato a comunicare alla Unione industriale il numero  dei
dipendenti  in  forza allo stabilimento di (OMISSIS),  richiamando  la
precedente lettera del 12 maggio 1986;
il  rag.            B.A. era stato altresi' indicato come  "persona
delegata  a rappresentare l'azienda presso l'UNIONE" nella scheda  di
"aggiornamento  dati  anagrafici 1987", datata 28  settembre  1987  e
recante,  di  seguito alle parole prestampate "Firma del  titolare  o
legale rappresentante", la solita firma del      B. medesimo  sotto
il timbro "Reno De Medici s.p.a." stampigliato a secco;
e)  non  valeva  opporre  che i documenti  richiamati  fossero  stati
oggetto  di  disconoscimento da parte della  societa'  opponente,  in
quanto  se  la causale del disconoscimento era la mancata provenienza
"dal proprio legale rappresentante Presidente dott.             D.B.
      G.",  ovvero "da persona fornita di poteri  per  obbligare  la
societa' nei confronti dei terzi", si sarebbe dovuto dimostrare che i
documenti  in  questione  costituivano  fonte  di  obbligo  verso  il
soggetto destinatario e che colui al quale ormai da anni era affidata
le  direzione  dell'ufficio del personale  fosse  stato  privato  dal
Presidente e legale rappresentante del potere di intrattenere  con  i
terzi quel certo tipo di ordinaria corrispondenza;
f)  la  Reno  de Medici s.p.a. non aveva spiegato le ragioni  per  le
quali si sarebbe indotta a spedire all'Unione industriale una lettera
di   comunicazione  delle  richiamate  variazioni  e  quindi  con  un
contenuto  che,  se  non fosse stata condivisa l'interpretazione  del
Tribunale, sarebbe rimasto privo di efficacia concreta;
g)  il  comportamento  tenuto successivamente alla  iniziale  missiva
dalla  societa'  appellante rivelava inequivocabilmente  la  volonta'
della  Reno  De Medici s.p.a. di subentrare nel rapporto  associativo
con  la  Unione  industriale di Torino, di cui la  societa'  Cartiere
Binda  De  Medici, quale proprietaria dello stabilimento di (OMISSIS),
era da epoca risalente titolare;
h)  restava  assorbita  la  censura con la quale  l'appellante  aveva
contestato  la  successione della Reno de Medici alla Cartiere  Binda
nel   contratto  associativo  con  l'Unione,  mentre  era  priva   di
fondamento  la  critica  del rigetto della  domanda  di  manleva  nei
confronti della stessa Cartiere Binda.
7.  Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione, sulla  base
di  cinque motivi, illustrati con memoria, la Reno de Medici  s.p.a..
Resistono  con controricorso l'Unione industriale della Provincia  di
Torino e la Binda s.p.a. in liquidazione.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente - denunciando violazione e falsa
applicazione  dell'art. 355 c.p.c. - censura la  sentenza  impugnata,
deducendo  che, quando il giudizio di falso si conclude con  sentenza
passata  in  giudicato di accertamento della falsita'  del  documento
(giudizio  rescissorio),  il giudice dell'appello  e'  vincolato  non
soltanto  all'obbligo di escludere qualsiasi valore di  prova  legale
del  documento,  ma  altresi' alla valutazione  della  rilevanza  del
documento,  gia'  assunta  a chiusura del giudizio  rescindente,  nel
quale   il  giudice  procede  alla  verificazione  delle  complessive
condizioni  di ammissibilita' della querela. Questo perche'  la  fase
rescindente e quella rescissoria costituiscono momenti successivi  di
un  unico  giudizio, con la conseguenza, da un lato,  che  quando  il
giudizio di falso si conclude con sentenza definitiva di accertamento
del  falso, il giudicato copre non solo la pronuncia di falso  emessa
nella fase rescissoria, ma anche la verificazione delle condizioni di
ammissibilita'  della querela e la valutazione  della  rilevanza  del
documento  accertate nella fase rescindente da parte del giudice  del
merito  e,  dall'altro,  che  la  valutazione  della  rilevanza   del
documento dichiarato falso non puo' piu' essere modificata o revocata
e  fa  stato  fra le parti come premessa necessaria del giudicato  di
falso.  La  ricorrente  soggiunge che nel caso  di  specie  la  Corte
territoriale si e' pronunciata in senso favorevole alla rilevanza del
documento impugnato, per poi ugualmente utilizzare in modo indiretto,
nel  giudizio di merito, il documento accertato come falso, ritenendo
tale  falsita'  non  sufficiente  ad  accogliere  l'appello  e  cosi'
mettendo  in  discussione l'autorita' del giudicato  in  ordine  alla
rilevanza  del  documento, in violazione dell'art. 355  c.p.c.  e  in
totale  contraddizione  con  l'opposta  valutazione  irrevocabilmente
assunta nel provvedimento di autorizzazione della querela di falso.
2)  Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione  dell'art. 2702 c.c., degli artt. 115  e  216  c.p.c.  e
deduce   che   -   sebbene  l'accertamento  della   falsita'   e   il
disconoscimento comportino l'effetto di privare la scrittura  privata
del  valore  di  prova  legale e quindi il  divieto  del  giudice  di
inserirla  nel  materiale probatorio da utilizzare per  la  decisione
della  causa,  la  Corte di appello di Torino ha palesemente  violato
tale  divieto  in  quanto ha fondato il proprio  convincimento  sulla
sussistenza del diritto di credito dell'appellata proprio sulla  base
dei  documenti disconosciuti o riconosciuti falsi, considerandoli  ad
ogni  effetto provenienti dalla Reno De Medici. La ricorrente critica
inoltre  la  sentenza  impugnata  per  avere  la  Corte  territoriale
affermato  che  il  disconoscimento non gioverebbe  ad  escludere  la
riferibilita'  dei  documenti in questione alla Reno  De  Medici,  in
quanto   la   parte   che   disconosce   e'   onerata   della   prova
dell'inesistenza,  in chi materialmente sottoscrive,  del  potere  di
intrattenere con i terzi corrispondenza ordinaria, mentre  ad  avviso
dell'impugnante  il  disconoscimento non e' sottoposto  ad  ulteriori
oneri probatori ed ha l'effetto immediato di escludere la provenienza
della scrittura dal soggetto contro la quale e' prodotto.
3)  I  due  motivi, che possono esaminarsi congiuntamente  in  quanto
relativi  a questioni strettamente connesse, sono privi di fondamento
e non meritano accoglimento.
3a)  In  base  agli  artt. 222 e 355 c.p.c., la proponibilita'  della
querela  di  falso in via incidentale, quale mezzo per  rimuovere  la
forza  probatoria di un documento posto dall'avversario a base  della
domanda  o della eccezione, esige la rilevanza del documento  stesso,
ossia  la sua potenziale attitudine a incidere sulla statuizione  nel
merito,  mentre,  ai fini della querela di falso un documento  e'  da
ritenersi  irrilevante quando, indipendentemente dalla sua contestata
autenticita' o veridicita', esso si presenti ininfluente o inutile ai
fini  della  decisione della controversia (Cass. 19 giugno  1957,  n.
2326; 30 luglio 1996, n. 6911; 26 marzo 2002, n. 4310).
3b) La considerazione che precede comporta che, quando il processo di
falso si conclude con l'accertamento della falsita' del documento, il
giudizio  di rilevanza del documento dichiarato falso, implicitamente
confermato dalla sentenza che accerta la falsita', non impedisce  che
la  causa  di  merito  principale, nel corso  della  quale  e'  stato
promosso il giudizio incidentale di falso, possa essere definita  con
sentenza  che  accolga  la domanda proposta dalla  parte  che  si  e'
avvalsa  del  documento  poi dichiarato falso,  qualora  il  giudice,
nell'esercizio del suo discrezionale potere di decisione  sulla  base
delle   risultanze   processuali  e  preso   atto   della   falsita',
irrevocabilmente  dichiarata,  del documento  prodotto  e  della  sua
inidoneita'  a costituire prova legale del fatto posto a  base  della
domanda, accolga la domanda medesima in quanto ritenuta in altro modo
dimostrata.
3c)   Di   conseguenza,  diversamente  da  quanto   sostenuto   dalla
ricorrente,  non  si  pone necessariamente in contraddizione  con  il
giudizio  di rilevanza del documento dichiarato falso, implicitamente
contenuto  nella  sentenza  che tale falsita'  abbia  dichiarato,  la
successiva   decisione  del  giudice  della  causa  principale   che,
all'esito  della compiuta istruttoria e sulla base delle  complessive
risultanze processuali, ma senza attribuire valore di prova legale al
documento  dichiarato falso, accolga ugualmente la domanda  formulata
dalla  parte  che  il documento successivamente dichiarato  falso  ha
prodotto,  restando  impregiudicato da tale  decisione  il  giudizio,
formulato  dal giudice del processo di falso, di rilevanza  di  detto
documento  in quanto potenzialmente idoneo a incidere sulla decisione
nel merito.
3d)  Nel  caso  di  specie,  come si evince dalla  motivazione  della
sentenza   impugnata  e  diversamente  da  quanto   affermato   dalla
ricorrente,  la  Corte di appello di Torino non ha  disconosciuto  la
rilevanza   del   documento  dichiarato  falso,  ne'   ha   accertato
l'esistenza  del  diritto di credito vantato dall'Unione  industriale
attribuendo  valore  di  prova legale a detto documento  o  all'altra
documentazione  prodotta in atti e disconosciuta da  controparte.  Al
contrario, la Corte territoriale ha maturato il proprio convincimento
proprio  nella  consapevolezza che i documenti  in  atti,  in  quanto
disconosciuti o dichiarati falsi, non potevano avere valore di  prova
legale e tuttavia, nell'esercizio del proprio potere discrezionale di
accertare  e  valutare i fatti di causa e sulla base di  un  motivato
accertamento di fatto, ha ritenuto che l'oggetti va esistenza di tale
documentazione  e  il  suo  invio nel  tempo  all'Unione  industriale
abbiano  ingenerato in quest'ultima, tenuto conto del  contenuto  dei
documenti,  della scansione temporale del loro invio e dei  pregressi
rapporti   tra  le  parti,  un  incolpevole  affidamento  in   ordine
all'esistenza in capo al rag.      B., dirigente dello stabilimento
industriale di (OMISSIS), divenuto di proprieta' della Reno De  Medici
s.p.a., e materiale sottoscrittore dei documenti medesimi, del potere
di  agire  in nome e per conto della societa' dalla quale  dipendeva,
almeno per quanto riguardava la trasmissione delle notizie attraverso
tali   documenti   comunicate,   e  una   situazione   di   apparente
riferibilita'  della  documentazione stessa  alla  societa'  Reno  de
Medici.
3e)  Ne  consegue  che nella sentenza impugnata  non  possono  essere
ravvisate,  sulla  base delle doglianze mosse  dalla  ricorrente,  le
violazioni di legge denunciate con le censure qui esaminate.
4)   Con  il  terzo  motivo  si  prospetta  la  violazione  e   falsa
applicazione  dell'art.  345  c.p.c. e si  afferma  che,  mentre  nel
giudizio di primo grado la domanda di pagamento delle quote associati
ve   e'  stata  formulata  dall'Unione  industriale  con  riferimento
all'assunzione   espressa  da  parte  della   Reno   De   Medici   di
un'obbligazione  contrattuale, discendente  dalla  successione  della
stessa Reno de Medici nel rapporto associativo in corso tra la Unione
industriale  e  la Cartiere Binda De Medici s.p.a., nel  giudizio  di
appello  la  Unione industriale ha introdotto una diversa  ragione  a
fondamento  della sua domanda, invocando il principio  dell'apparenza
del  diritto e della tutela dell'affidamento, sul presupposto che  il
comportamento   del        B.,  firmatario   della   corrispondenza
disconosciuta e impugnata di falso, avrebbe ingenerato nell'Unione il
fondato  affidamento  sulla consapevolezza  e  sulla  volonta'  della
societa'  di  proseguire  il  rapporto associativo,  con  conseguente
prospettazione in appello di una causa petendi completamente  diversa
da  quella posta a base della domanda nel giudizio di primo  grado  e
quindi di una domanda nuova, non consentita dall'art. 345 c.p.c..
4a)  La  doglianza e' priva di fondamento. Dall'esame  diretto  degli
atti processuali del giudizio di merito, che il collegio ha il potere
-  dovere di compiere essendo stata prospettata la violazione di  una
norma  processuale (Cass. 11 gennaio 2005, n. 375; 5 agosto 2005,  n.
16596;  12  maggio  2006, n. 11039), risulta  che,  come  esattamente
puntualizzato  dai  giudici  di  appello  e  diversamente  da  quanto
affermato  dalla ricorrente, gia' nella comparsa di costituzione  nel
giudizio  di primo grado la Unione industriale di Torino ha sostenuto
di  aver  continuato a fornire alla societa' Reno De Medici i  propri
servizi  d'istituto in perfetta buona fede, avendo fatto  affidamento
sui  "precedenti" (ossia sui pregressi rapporti con le  societa'  nel
tempo subentrate nella titolarita' dello stabilimento di (OMISSIS))  e
sulle  comunicazioni  effettuate dalla nuova  societa'  titolare  del
medesimo stabilimento (la Reno De Medici).
Deve ritenersi pertanto che sin dal giudizio di primo grado la Unione
industriale  abbia  fondato  il credito  da  lei  vantato  anche  sui
principi  dell'affidamento incolpevole e dell'apparenza del  diritto,
ricompresi  nella  causa petendi posta a base del  credito  azionato,
restando  di conseguenza esclusa la violazione, da parte della  Corte
territoriale, dell'art. 345 c.p.c., dedotta dalla ricorrente.
5)  Con  il  quarto motivo, in via subordinata, la societa'  Reno  De
Medici  -  denunciando  insufficiente e  contraddittoria  motivazione
circa  un  punto  decisivo della controversia  e  falsa  applicazione
dell'art. 1396 c.c. - deduce che:
a-  nell'ipotesi  di rappresentanza apparente, la  tutela  del  terzo
presuppone  che il falsus procurator abbia concluso un contratto  con
il  terzo,  mentre  nel  caso in esame la Corte  di  appello  non  ha
accertato  con  adeguata  motivazione che il documento  impugnato  di
falso    contenesse   un'inequivoca   manifestazione   di    volonta'
dell'apparente rappresentata Reno De Medici di associarsi  all'Unione
o   di   succedere  alla  Cartiere  Binda  De  Medici  nel   rapporto
associativo, ovvero di richiedere all'Unione le prestazioni da quella
riservate   ai   propri   associati,  oppure   infine   di   assumere
espressamente   l'obbligazione  di  proseguire   il   pagamento   dei
contributi associativi;
b-  il  documento  in  questione  contiene  in  realta'  la  semplice
comunicazione  della  notizia  di un  fatto  storico,  ossia  che  lo
stabilimento, gia' di proprieta' della Cartiere Binda De Medici,  era
divenuto di proprieta' di altra societa';
c-  sebbene  il  principio dell'apparenza del diritto  possa  trovare
applicazione   solo   in   presenza  di  un   comportamento   colposo
dell'apparente rappresentato, la Corte territoriale non si e' affatto
preoccupata  di  considerare, con conseguente  vizio  di  carenza  di
motivazione  della  sentenza  impugnata,  se  fosse  ravvisabile   un
comportamento colposo della Reno De Medici per il solo fatto  che  un
dirigente dell'ufficio del personale dello stabilimento, sfornito  di
poteri  di rappresentanza negoziale con terzi estranei alla societa',
avesse   dato   all'Unione  industriale  comunicazione  dell'avvenuta
dismissione della proprieta' dello stabilimento di (OMISSIS) da  parte
della precedente proprietaria, associata all'Unione industriale;
d-  quanto alla ritenuta assenza di colpa dell'Unione industriale,  i
giudici  di  appello non hanno neppure considerato che  il  principio
dell'apparenza  del  diritto  non puo'  essere  invocato,  a  propria
tutela,  dal terzo che, pur potendolo fare, non accerti la realta'  e
si basi sulla mera apparenza, in particolare nei casi in cui la legge
prescrive  speciali  mezzi  di  pubblicita'  mediante  i  quali   sia
possibile   controllare  con  l'ordinaria  diligenza  la  consistenza
dell'altrui  potere, come accade con riferimento agli organi  di  una
societa'  di  capitali regolarmente costituita; in  particolare,  nel
caso  di  specie, una semplice verifica dei poteri del sig.      B.
attraverso  i  registri della pubblicita' delle imprese,  le  avrebbe
consentito di accertare che la comunicazione da lui sottoscritta  non
poteva in alcun modo obbligare la Reno De Medici.
5a)  La censura e' inammissibile. La Corte di appello di Torino,  con
esauriente e idonea motivazione, immune da vizi logici e sorretta  da
puntuali  richiami a specifiche circostanze di fatto  e  a  riscontri
documentali  dettagliatamente indicati, ha accertato  che  la  Unione
industriale  di  Torino  ha fatto incolpevole  affidamento,  generato
dall'inequivoco  comportamento  concludente  della  s.p.a.  Reno   De
Medici,  sulla  riferibilita'  a detta societa'  delle  comunicazioni
sottoscritte,  a  suo nome e per suo conto, dal sig.           B.A.
quale  dirigente  dell'ufficio del personale  dello  stabilimento  di
(OMISSIS)  della  medesima societa', analoghe a quelle  in  precedenza
inviate, sempre a firma del      B., dalla societa' Cartiere  Binda
De  Medici,  gia' titolare dello stabilimento in questione,  e  sulla
volonta' di detta societa' di subentrare nel rapporto associativo con
la  stessa Unione industriale, anteriormente facente capo alla s.p.a.
Cartiere Binda De Medici e, prima ancora, alla s.p.a. L. De Medici  &
C,  cosi'  correttamente applicando, in base a tale  accertamento  di
fatto, il principio dell'apparenza del diritto.
Con  le  censure dedotte nel motivo qui in esame, la ricorrente,  pur
prospettando un vizio di insufficiente e contraddittoria  motivazione
della  sentenza  impugnata,  non  ha  dedotto  specifici  vizi  della
motivazione,  ma  si e' limitata a contrapporre alle  valutazioni  di
merito  della  Corte  territoriale una diversa interpretazione  delle
risultanze   processuali,   cosi'  inammissibilmente   mirando   alla
revisione  da  parte  della Corte di legittimita'  delle  valutazioni
effettuate e delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito (Cass.
8  maggio 2000, n. 5806; 20 novembre 2003, n. 17651; 12 agosto  2004,
n. 15675).
5b) Assume rilievo a tale riguardo il principio, piu' volte affermato
da questa Corte e pienamente condiviso dal collegio, che i vizi della
sentenza posti a base del ricorso per Cassazione - in particolare per
quanto  riguarda l'omessa o insufficiente motivazione -  non  possono
risolversi  nel sollecitare una lettura delle risultanze  processuali
diversa  da  quella operata dal giudice di merito  (Cass.  25  agosto
2003,   n.   12467),  o  consistere  in  censure  che  investano   la
ricostruzione  della fattispecie concreta (Cass. 4  giugno  2001,  n.
7476)  o  che siano attinenti al difforme apprezzamento dei  fatti  e
delle  prove  dato dal giudice del merito rispetto a  quello  preteso
dalla parte (Cass. 7 agosto 2003, n. 11918).
5c)  Per le ragioni che precedono e sulla base delle doglianze  mosse
dalla ricorrente, resta altresi' esclusa la violazione dell'art. 1398
c.c., parimenti denunciata dalla societa' Reno De Medici.
6) In conseguenza del rigetto dei precedenti motivi di ricorso, resta
assorbita  la  censura  svolta nel quinto motivo,  con  la  quale  la
ricorrente,  denunciando insufficiente e contraddittoria  motivazione
con  riferimento al rigetto della domanda di garanzia proposta contro
Binda s.p.a. in liquidazione, deduce che - avendo la Corte di appello
respinto  tale domanda di garanzia sul presupposto che effettivamente
la  Reno  De  Medici  era  volontariamente  subentrata  nel  rapporto
associativo  con la Unione industriale e che pertanto non  sussisteva
alcun  obbligo  per la societa' Cartiere Binda De Medici  (ora  Binda
s.p.a.  in  liquidazione), conferente del ramo di azienda  costituito
dallo   stabilimento  industriale  di  (OMISSIS)  nella   conferitaria
societa'  Cartiera del Reno, (ora Reno De Medici),  di  proseguire  o
risolvere,   in  base  ad  un  accordo  inter  partes,  il   rapporto
associativo  in  questione  - l'eventuale  accoglimento  degli  altri
motivi  del ricorso per Cassazione finirebbe per travolgere  la  tesi
del   volontario   subentro  della  Reno  De  Medici   nel   rapporto
associativo, in forza del quale la sentenza impugnata ha respinto  la
domanda di garanzia nei confronti della Binda s.p.a. in liquidazione.
7)  Le considerazioni che precedono comportano il rigetto del ricorso
e  le  spese  del  giudizio di cassazione,  dal  liquidarsi  come  in
dispositivo, seguono la soccombenza.
                               P.Q.M.
                              LA CORTE
rigetta  il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in  favore
della  Unione industriale della Provincia di Torino e di Binda s.p.a.
in  liquidazione, delle spese processuali del giudizio di cassazione,
che si liquidano, per ciascuna delle aventi diritto, in Euro 3.100,00
(tremilacento/00),  di  cui Euro 3.000,00 (tremila/00)  per  onorari,
oltre a spese generali e accessori di legge.
Cosi' deciso in Roma, il 12 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2006