Sentenze Civili della Corte di Cassazione #ANNO/NUMERO 2006/26149 #SEZ 1 #NRG 2003/16484 #UDIENZA DEL 12/07/2006 #DEPOSITATO IL 06/12/2006 #MASSIMATA NO #RICORRENTE Reno De Medici S.p.a. #AVV RICORRENTE Manzi Luigi #RESISTENTE Unione Industriale Della Provincia Di Torino #AVV RESISTENTE Contento Giancarlo REPUBBLICA ITALIANA Ud. 12/07/06 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 16484/2003 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente - Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere - Dott. RORDORF Renato - Consigliere - Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere - Dott. SCHIRO' Stefano - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: RENO DE MEDICI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri 5, presso l'avv. MANZI Luigi, che la rappresenta e difende, insieme con l'avv. CASALE Mario di Milano e l'avv. SANTILLI Giorgio di Torino, per procura in atti; - ricorrente - contro UNIONE INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI TORINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Goiran 23, presso l'avv. CONTENTO Giancarlo, che la rappresenta e difende, insieme con l'avv. MARTORELLI Renato di Torino, per procura in atti; - controricorrente - e BINDA s.p.a. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via L. Bissolati 72, presso l'avv. SPINELLI GIORDANO Tommaso, che la rappresenta e difende, insieme con l'avv. BASTIANON Sergio di Busto Arsizio, per procura in atti; - controricorrente - avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 623 in data 8 maggio 2002; Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza in data 12 luglio 2006 dal relatore, Consigliere Dott. SCHIRO' Stefano; uditi, per la ricorrente, l'avv. COGLITORE Emanuele per delega; per la controricorrente Binda s.p.a. in liquidazione, l'avv. SPINELLI GIORDANO Tommaso e, per la controricorrente Unione industriale della Provincia di Torino, l'avv. CONTENTO Giancarlo; udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. CAFIERO Dario, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con decreto notificato il 3 novembre 1989 il Presidente del Tribunale di Torino ingiungeva alla Reno De Medici s.p.a. di pagare alla Unione industriale della Provincia di Torino la somma di L. 61.997.891 a titolo di versamento di quote associative relative al periodo quarto quadrimestre 1986 - secondo trimestre 1988. A sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo, l'Unione industriale aveva dedotto che: a) uno dei soci fondatori della stessa Unione era stata, fin dal 1906, la societa' in accomandita per azioni L. De Medici & C, con sede in (OMISSIS); b) con lettera del 12 maggio 1986, la s.p.a. Cartiere Binda De Medici, originata dalla fusione della societa' anzidetta con la s.p.a. Cartiere Binda, aveva confermato l'adesione all'Unione relativamente allo stabilimento di (OMISSIS); c) con lettera ricevuta il 14 ottobre 1986 la ricorrente era stata informata del conferimento dello stabilimento di (OMISSIS), a decorrere dal precedente 1 ottobre, nella societa' Cartiera del Reno e della nascita di una nuova societa', la s.p.a. Reno De Medici, la quale, a differenza delle preesistenti societa' che avevano pagato i contributi fino al terzo trimestre 1986, era rimasta morosa dal quarto trimestre 1986 fino al secondo trimestre 1988, quando era stata sospesa per morosita'. 2. Avverso tale decreto ingiuntivo, con atto notificato il 21 novembre 1989, la s.p.a. Reno de Medici proponeva opposizione, deducendo che il decreto stesso era privo di data di emissione e non era fondato su prova scritta, in quanto nessuno dei documenti allegati al ricorso era idoneo a provare che l'opponente si fosse associata alla Unione industriale con iscrizione autonoma rispetto a quella della Cartiere Binda De Medici s.p.a. (divenuta successivamente Sottrici Binda s.p.a.), o che fosse succeduta nel rapporto associativo, di carattere personale, in precedenza posto in essere dalla stessa Cartiere Binda De Medici. Pertanto l'opponente, nel convenire in giudizio sia la Unione industriale di Torino che la s.p.a. Sottrici Binda, chiedeva dichiararsi nullo e revocarsi il decreto ingiuntivo e rigettare ogni domanda di controparte e, in subordine, nella denegata ipotesi di conferma del decreto e di accoglimento della domanda, dichiarare tenuta alla manleva la societa' Sottrici Binda., con il favore delle spese. 3. Radicatosi il contraddittorio, la Unione industriale di Torino resisteva all'opposizione, eccependo, tra l'altro, di aver continuato a fornire i servizi d'istituto in perfetta buona fede, avendo fatto affidamento, da un lato, sulle lettere di controparte, con le quali erano stati comunicati la nuova denominazione della societa' associata e il numero dei dipendenti in forza presso lo stabilimento di (OMISSIS), ai fini del conteggio e dell'addebito dei contributi associativi, e, dall'altro, sulle circostanze relative al proseguimento, da parte della societa' associata, del versamento dei contributi associativi e alla sua accettazione dell'assistenza fornita dall'Unione medesima. Resisteva in giudizio anche la s.p.a. Sottrici Binda, eccependo l'improponibilita', in forza di clausola compromissoria, della domanda di manleva e chiedendo nel merito il rigetto dell'opposizione. 4. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 23 agosto 1996, dichiarava nullo il decreto ingiuntivo oggetto dell'opposizione, ma condannava la societa' opponente a pagare all'Unione industriale la somma richiesta e le spese processuali in favore di entrambi i convenuti. 5. Proponeva appello la societa' Reno De Medici, chiedendo l'accoglimento delle domande formulate in primo grado e proponendo, in ogni caso, querela di falso del documento sul quale si era basata la sentenza di condanna (ossia la lettera ricevuta dalla Unione industriale il 14 ottobre 1986, il cui contenuto era stato interpretato dai primi giudici come richiesta di subentro nel rapporto associativo che la societa' Cartiera del Reno aveva rivolto all'Unione industriale stessa all'atto di acquisire lo stabilimento di (OMISSIS)). Costituitesi ritualmente le appellate Unione industriale di Torino e Binda s.p.a. (gia' con ragione sociale Sottrici Binda s.p.a), che chiedevano il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata, costituitasi altresi' in corso d'istruttoria la Binda s.p.a. in liquidazione, la causa veniva sospesa fino all'esito del giudizio sulla querela di falso, che veniva definito con sentenza n. 5186/01, passata in giudicato, con la quale il Tribunale di Torino accertava la falsita' della sottoscrizione del documento controverso, in considerazione della sua non riferibilita' al legale rappresentante della societa' opponente. 6. Riassunta la causa, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 623 in data 8 maggio 2002, respingeva l'appello, condannando l'impugnante alle spese del grado. A fondamento della decisione la Corte territoriale affermava che: a) sebbene il Tribunale di Torino, con sentenza passata in giudicato, avesse dichiarato il documento controverso falso nella sottoscrizione, detta falsita' era da interpretare, in base alla motivazione, nel senso che piuttosto "che all'apparente autore Reno de Medici s.p.a." esso era riferibile "al sig. B.A.", il quale "non era il legale rappresentante della Reno De Medici s.p.a., bensi' rivestiva la carica di dirigente dell'Ufficio del personale dello stabilimento di (OMISSIS)"; b) pertanto la falsita' in questione non era assimilabile a quella, puramente materiale, di una firma apocrifa, ma era di tipo ideologico, in quanto l'autore della sottoscrizione apposta sotto il timbro della societa' era privo del potere di rappresentare la societa' stessa; c) di conseguenza la falsita' della firma non appariva sufficiente ad accogliere l'appello, dovendosi prima verificare se l'affidamento riposto sul documento in questione dalla destinataria Unione industriale di Torino, per dedurne la contestata pretesa al pagamento delle quote associativi fosse stata colpevole o meno e soltanto in caso di risposta affermativa concludere per il rigetto della domanda; d) la Unione industriale non aveva avuto motivo di dubitare della riferibilita' della lettera alla societa' Reno De Medici, il cui timbro a secco risultava stampigliato in calce, in quanto la firma apposta sotto il timbro, se pur non leggibile, era identica a quella apposta sotto il timbro Cartiere Binda De Medici nelle precedenti lettere inviate alla Unione industriale in data 12 maggio 1986 e 18 giugno 1986, aventi ad oggetto il versamento di contributi associativi e la comunicazione di inoltro all'Ispettorato del lavoro di una determinata risposta in base ad accordi intercorsi, e corrispondeva, per pacifica ammissione della societa' opponente, a quella di B.A.; inoltre la Reno de Medici s.p.a., con successive lettere del 20 gennaio e del 20 luglio 1987, redatte su identica carta intestata e firmate in maniera analoga sotto il timbro "Reno De Medici s.p.a.", aveva continuato a comunicare alla Unione industriale il numero dei dipendenti in forza allo stabilimento di (OMISSIS), richiamando la precedente lettera del 12 maggio 1986; il rag. B.A. era stato altresi' indicato come "persona delegata a rappresentare l'azienda presso l'UNIONE" nella scheda di "aggiornamento dati anagrafici 1987", datata 28 settembre 1987 e recante, di seguito alle parole prestampate "Firma del titolare o legale rappresentante", la solita firma del B. medesimo sotto il timbro "Reno De Medici s.p.a." stampigliato a secco; e) non valeva opporre che i documenti richiamati fossero stati oggetto di disconoscimento da parte della societa' opponente, in quanto se la causale del disconoscimento era la mancata provenienza "dal proprio legale rappresentante Presidente dott. D.B. G.", ovvero "da persona fornita di poteri per obbligare la societa' nei confronti dei terzi", si sarebbe dovuto dimostrare che i documenti in questione costituivano fonte di obbligo verso il soggetto destinatario e che colui al quale ormai da anni era affidata le direzione dell'ufficio del personale fosse stato privato dal Presidente e legale rappresentante del potere di intrattenere con i terzi quel certo tipo di ordinaria corrispondenza; f) la Reno de Medici s.p.a. non aveva spiegato le ragioni per le quali si sarebbe indotta a spedire all'Unione industriale una lettera di comunicazione delle richiamate variazioni e quindi con un contenuto che, se non fosse stata condivisa l'interpretazione del Tribunale, sarebbe rimasto privo di efficacia concreta; g) il comportamento tenuto successivamente alla iniziale missiva dalla societa' appellante rivelava inequivocabilmente la volonta' della Reno De Medici s.p.a. di subentrare nel rapporto associativo con la Unione industriale di Torino, di cui la societa' Cartiere Binda De Medici, quale proprietaria dello stabilimento di (OMISSIS), era da epoca risalente titolare; h) restava assorbita la censura con la quale l'appellante aveva contestato la successione della Reno de Medici alla Cartiere Binda nel contratto associativo con l'Unione, mentre era priva di fondamento la critica del rigetto della domanda di manleva nei confronti della stessa Cartiere Binda. 7. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria, la Reno de Medici s.p.a.. Resistono con controricorso l'Unione industriale della Provincia di Torino e la Binda s.p.a. in liquidazione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Con il primo motivo la ricorrente - denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 355 c.p.c. - censura la sentenza impugnata, deducendo che, quando il giudizio di falso si conclude con sentenza passata in giudicato di accertamento della falsita' del documento (giudizio rescissorio), il giudice dell'appello e' vincolato non soltanto all'obbligo di escludere qualsiasi valore di prova legale del documento, ma altresi' alla valutazione della rilevanza del documento, gia' assunta a chiusura del giudizio rescindente, nel quale il giudice procede alla verificazione delle complessive condizioni di ammissibilita' della querela. Questo perche' la fase rescindente e quella rescissoria costituiscono momenti successivi di un unico giudizio, con la conseguenza, da un lato, che quando il giudizio di falso si conclude con sentenza definitiva di accertamento del falso, il giudicato copre non solo la pronuncia di falso emessa nella fase rescissoria, ma anche la verificazione delle condizioni di ammissibilita' della querela e la valutazione della rilevanza del documento accertate nella fase rescindente da parte del giudice del merito e, dall'altro, che la valutazione della rilevanza del documento dichiarato falso non puo' piu' essere modificata o revocata e fa stato fra le parti come premessa necessaria del giudicato di falso. La ricorrente soggiunge che nel caso di specie la Corte territoriale si e' pronunciata in senso favorevole alla rilevanza del documento impugnato, per poi ugualmente utilizzare in modo indiretto, nel giudizio di merito, il documento accertato come falso, ritenendo tale falsita' non sufficiente ad accogliere l'appello e cosi' mettendo in discussione l'autorita' del giudicato in ordine alla rilevanza del documento, in violazione dell'art. 355 c.p.c. e in totale contraddizione con l'opposta valutazione irrevocabilmente assunta nel provvedimento di autorizzazione della querela di falso. 2) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2702 c.c., degli artt. 115 e 216 c.p.c. e deduce che - sebbene l'accertamento della falsita' e il disconoscimento comportino l'effetto di privare la scrittura privata del valore di prova legale e quindi il divieto del giudice di inserirla nel materiale probatorio da utilizzare per la decisione della causa, la Corte di appello di Torino ha palesemente violato tale divieto in quanto ha fondato il proprio convincimento sulla sussistenza del diritto di credito dell'appellata proprio sulla base dei documenti disconosciuti o riconosciuti falsi, considerandoli ad ogni effetto provenienti dalla Reno De Medici. La ricorrente critica inoltre la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale affermato che il disconoscimento non gioverebbe ad escludere la riferibilita' dei documenti in questione alla Reno De Medici, in quanto la parte che disconosce e' onerata della prova dell'inesistenza, in chi materialmente sottoscrive, del potere di intrattenere con i terzi corrispondenza ordinaria, mentre ad avviso dell'impugnante il disconoscimento non e' sottoposto ad ulteriori oneri probatori ed ha l'effetto immediato di escludere la provenienza della scrittura dal soggetto contro la quale e' prodotto. 3) I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto relativi a questioni strettamente connesse, sono privi di fondamento e non meritano accoglimento. 3a) In base agli artt. 222 e 355 c.p.c., la proponibilita' della querela di falso in via incidentale, quale mezzo per rimuovere la forza probatoria di un documento posto dall'avversario a base della domanda o della eccezione, esige la rilevanza del documento stesso, ossia la sua potenziale attitudine a incidere sulla statuizione nel merito, mentre, ai fini della querela di falso un documento e' da ritenersi irrilevante quando, indipendentemente dalla sua contestata autenticita' o veridicita', esso si presenti ininfluente o inutile ai fini della decisione della controversia (Cass. 19 giugno 1957, n. 2326; 30 luglio 1996, n. 6911; 26 marzo 2002, n. 4310). 3b) La considerazione che precede comporta che, quando il processo di falso si conclude con l'accertamento della falsita' del documento, il giudizio di rilevanza del documento dichiarato falso, implicitamente confermato dalla sentenza che accerta la falsita', non impedisce che la causa di merito principale, nel corso della quale e' stato promosso il giudizio incidentale di falso, possa essere definita con sentenza che accolga la domanda proposta dalla parte che si e' avvalsa del documento poi dichiarato falso, qualora il giudice, nell'esercizio del suo discrezionale potere di decisione sulla base delle risultanze processuali e preso atto della falsita', irrevocabilmente dichiarata, del documento prodotto e della sua inidoneita' a costituire prova legale del fatto posto a base della domanda, accolga la domanda medesima in quanto ritenuta in altro modo dimostrata. 3c) Di conseguenza, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non si pone necessariamente in contraddizione con il giudizio di rilevanza del documento dichiarato falso, implicitamente contenuto nella sentenza che tale falsita' abbia dichiarato, la successiva decisione del giudice della causa principale che, all'esito della compiuta istruttoria e sulla base delle complessive risultanze processuali, ma senza attribuire valore di prova legale al documento dichiarato falso, accolga ugualmente la domanda formulata dalla parte che il documento successivamente dichiarato falso ha prodotto, restando impregiudicato da tale decisione il giudizio, formulato dal giudice del processo di falso, di rilevanza di detto documento in quanto potenzialmente idoneo a incidere sulla decisione nel merito. 3d) Nel caso di specie, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata e diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, la Corte di appello di Torino non ha disconosciuto la rilevanza del documento dichiarato falso, ne' ha accertato l'esistenza del diritto di credito vantato dall'Unione industriale attribuendo valore di prova legale a detto documento o all'altra documentazione prodotta in atti e disconosciuta da controparte. Al contrario, la Corte territoriale ha maturato il proprio convincimento proprio nella consapevolezza che i documenti in atti, in quanto disconosciuti o dichiarati falsi, non potevano avere valore di prova legale e tuttavia, nell'esercizio del proprio potere discrezionale di accertare e valutare i fatti di causa e sulla base di un motivato accertamento di fatto, ha ritenuto che l'oggetti va esistenza di tale documentazione e il suo invio nel tempo all'Unione industriale abbiano ingenerato in quest'ultima, tenuto conto del contenuto dei documenti, della scansione temporale del loro invio e dei pregressi rapporti tra le parti, un incolpevole affidamento in ordine all'esistenza in capo al rag. B., dirigente dello stabilimento industriale di (OMISSIS), divenuto di proprieta' della Reno De Medici s.p.a., e materiale sottoscrittore dei documenti medesimi, del potere di agire in nome e per conto della societa' dalla quale dipendeva, almeno per quanto riguardava la trasmissione delle notizie attraverso tali documenti comunicate, e una situazione di apparente riferibilita' della documentazione stessa alla societa' Reno de Medici. 3e) Ne consegue che nella sentenza impugnata non possono essere ravvisate, sulla base delle doglianze mosse dalla ricorrente, le violazioni di legge denunciate con le censure qui esaminate. 4) Con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. e si afferma che, mentre nel giudizio di primo grado la domanda di pagamento delle quote associati ve e' stata formulata dall'Unione industriale con riferimento all'assunzione espressa da parte della Reno De Medici di un'obbligazione contrattuale, discendente dalla successione della stessa Reno de Medici nel rapporto associativo in corso tra la Unione industriale e la Cartiere Binda De Medici s.p.a., nel giudizio di appello la Unione industriale ha introdotto una diversa ragione a fondamento della sua domanda, invocando il principio dell'apparenza del diritto e della tutela dell'affidamento, sul presupposto che il comportamento del B., firmatario della corrispondenza disconosciuta e impugnata di falso, avrebbe ingenerato nell'Unione il fondato affidamento sulla consapevolezza e sulla volonta' della societa' di proseguire il rapporto associativo, con conseguente prospettazione in appello di una causa petendi completamente diversa da quella posta a base della domanda nel giudizio di primo grado e quindi di una domanda nuova, non consentita dall'art. 345 c.p.c.. 4a) La doglianza e' priva di fondamento. Dall'esame diretto degli atti processuali del giudizio di merito, che il collegio ha il potere - dovere di compiere essendo stata prospettata la violazione di una norma processuale (Cass. 11 gennaio 2005, n. 375; 5 agosto 2005, n. 16596; 12 maggio 2006, n. 11039), risulta che, come esattamente puntualizzato dai giudici di appello e diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, gia' nella comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado la Unione industriale di Torino ha sostenuto di aver continuato a fornire alla societa' Reno De Medici i propri servizi d'istituto in perfetta buona fede, avendo fatto affidamento sui "precedenti" (ossia sui pregressi rapporti con le societa' nel tempo subentrate nella titolarita' dello stabilimento di (OMISSIS)) e sulle comunicazioni effettuate dalla nuova societa' titolare del medesimo stabilimento (la Reno De Medici). Deve ritenersi pertanto che sin dal giudizio di primo grado la Unione industriale abbia fondato il credito da lei vantato anche sui principi dell'affidamento incolpevole e dell'apparenza del diritto, ricompresi nella causa petendi posta a base del credito azionato, restando di conseguenza esclusa la violazione, da parte della Corte territoriale, dell'art. 345 c.p.c., dedotta dalla ricorrente. 5) Con il quarto motivo, in via subordinata, la societa' Reno De Medici - denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e falsa applicazione dell'art. 1396 c.c. - deduce che: a- nell'ipotesi di rappresentanza apparente, la tutela del terzo presuppone che il falsus procurator abbia concluso un contratto con il terzo, mentre nel caso in esame la Corte di appello non ha accertato con adeguata motivazione che il documento impugnato di falso contenesse un'inequivoca manifestazione di volonta' dell'apparente rappresentata Reno De Medici di associarsi all'Unione o di succedere alla Cartiere Binda De Medici nel rapporto associativo, ovvero di richiedere all'Unione le prestazioni da quella riservate ai propri associati, oppure infine di assumere espressamente l'obbligazione di proseguire il pagamento dei contributi associativi; b- il documento in questione contiene in realta' la semplice comunicazione della notizia di un fatto storico, ossia che lo stabilimento, gia' di proprieta' della Cartiere Binda De Medici, era divenuto di proprieta' di altra societa'; c- sebbene il principio dell'apparenza del diritto possa trovare applicazione solo in presenza di un comportamento colposo dell'apparente rappresentato, la Corte territoriale non si e' affatto preoccupata di considerare, con conseguente vizio di carenza di motivazione della sentenza impugnata, se fosse ravvisabile un comportamento colposo della Reno De Medici per il solo fatto che un dirigente dell'ufficio del personale dello stabilimento, sfornito di poteri di rappresentanza negoziale con terzi estranei alla societa', avesse dato all'Unione industriale comunicazione dell'avvenuta dismissione della proprieta' dello stabilimento di (OMISSIS) da parte della precedente proprietaria, associata all'Unione industriale; d- quanto alla ritenuta assenza di colpa dell'Unione industriale, i giudici di appello non hanno neppure considerato che il principio dell'apparenza del diritto non puo' essere invocato, a propria tutela, dal terzo che, pur potendolo fare, non accerti la realta' e si basi sulla mera apparenza, in particolare nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicita' mediante i quali sia possibile controllare con l'ordinaria diligenza la consistenza dell'altrui potere, come accade con riferimento agli organi di una societa' di capitali regolarmente costituita; in particolare, nel caso di specie, una semplice verifica dei poteri del sig. B. attraverso i registri della pubblicita' delle imprese, le avrebbe consentito di accertare che la comunicazione da lui sottoscritta non poteva in alcun modo obbligare la Reno De Medici. 5a) La censura e' inammissibile. La Corte di appello di Torino, con esauriente e idonea motivazione, immune da vizi logici e sorretta da puntuali richiami a specifiche circostanze di fatto e a riscontri documentali dettagliatamente indicati, ha accertato che la Unione industriale di Torino ha fatto incolpevole affidamento, generato dall'inequivoco comportamento concludente della s.p.a. Reno De Medici, sulla riferibilita' a detta societa' delle comunicazioni sottoscritte, a suo nome e per suo conto, dal sig. B.A. quale dirigente dell'ufficio del personale dello stabilimento di (OMISSIS) della medesima societa', analoghe a quelle in precedenza inviate, sempre a firma del B., dalla societa' Cartiere Binda De Medici, gia' titolare dello stabilimento in questione, e sulla volonta' di detta societa' di subentrare nel rapporto associativo con la stessa Unione industriale, anteriormente facente capo alla s.p.a. Cartiere Binda De Medici e, prima ancora, alla s.p.a. L. De Medici & C, cosi' correttamente applicando, in base a tale accertamento di fatto, il principio dell'apparenza del diritto. Con le censure dedotte nel motivo qui in esame, la ricorrente, pur prospettando un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, non ha dedotto specifici vizi della motivazione, ma si e' limitata a contrapporre alle valutazioni di merito della Corte territoriale una diversa interpretazione delle risultanze processuali, cosi' inammissibilmente mirando alla revisione da parte della Corte di legittimita' delle valutazioni effettuate e delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito (Cass. 8 maggio 2000, n. 5806; 20 novembre 2003, n. 17651; 12 agosto 2004, n. 15675). 5b) Assume rilievo a tale riguardo il principio, piu' volte affermato da questa Corte e pienamente condiviso dal collegio, che i vizi della sentenza posti a base del ricorso per Cassazione - in particolare per quanto riguarda l'omessa o insufficiente motivazione - non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 25 agosto 2003, n. 12467), o consistere in censure che investano la ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. 4 giugno 2001, n. 7476) o che siano attinenti al difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte (Cass. 7 agosto 2003, n. 11918). 5c) Per le ragioni che precedono e sulla base delle doglianze mosse dalla ricorrente, resta altresi' esclusa la violazione dell'art. 1398 c.c., parimenti denunciata dalla societa' Reno De Medici. 6) In conseguenza del rigetto dei precedenti motivi di ricorso, resta assorbita la censura svolta nel quinto motivo, con la quale la ricorrente, denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento al rigetto della domanda di garanzia proposta contro Binda s.p.a. in liquidazione, deduce che - avendo la Corte di appello respinto tale domanda di garanzia sul presupposto che effettivamente la Reno De Medici era volontariamente subentrata nel rapporto associativo con la Unione industriale e che pertanto non sussisteva alcun obbligo per la societa' Cartiere Binda De Medici (ora Binda s.p.a. in liquidazione), conferente del ramo di azienda costituito dallo stabilimento industriale di (OMISSIS) nella conferitaria societa' Cartiera del Reno, (ora Reno De Medici), di proseguire o risolvere, in base ad un accordo inter partes, il rapporto associativo in questione - l'eventuale accoglimento degli altri motivi del ricorso per Cassazione finirebbe per travolgere la tesi del volontario subentro della Reno De Medici nel rapporto associativo, in forza del quale la sentenza impugnata ha respinto la domanda di garanzia nei confronti della Binda s.p.a. in liquidazione. 7) Le considerazioni che precedono comportano il rigetto del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, dal liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Unione industriale della Provincia di Torino e di Binda s.p.a. in liquidazione, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che si liquidano, per ciascuna delle aventi diritto, in Euro 3.100,00 (tremilacento/00), di cui Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge. Cosi' deciso in Roma, il 12 luglio 2006. Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2006