#ANNO/NUMERO 2008/24018       #SEZ 1                   #NRG 2005/6253
#UDIENZA DEL 29/04/2008                      #DEPOSITATO IL 24/09/2008
#MASSIMATA NO

#RICORRENTE               l.S.
#AVV RICORRENTE Ferrari Gian Carlo
#RESISTENTE         s.L.
#AVV RESISTENTE 


                         REPUBBLICA ITALIANA           Ud. 29/04/08
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  R.G.N.  6253/2005
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI   Maria Gabriella                    - Presidente  -
Dott. MORELLI    Mario Rosario                      - Consigliere -
Dott. GIANCOLA   Maria Cristina                     - Consigliere -
Dott. FITTIPALDI Onofrio                       - rel. Consigliere -
Dott. PETITTI    Stefano                            - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da:
               L.S., elettivamente domiciliato in  ROMA  VIA  DEGLI
SCIALOJA   6,  presso  l'avvocato  KLITSCHE  DE  LA  GRANGE  TEODORO,
rappresentato  e  difeso  dall'avvocato FERRARI  Gian  Carlo,  giusta
procura in calce al ricorso;
                                                       - ricorrente -
                               contro
        S.L.;
                                                         - intimata -
avverso  il  decreto della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositato  il
10/12/04;
udita  la  relazione  della causa svolta nella Pubblica  udienza  del
29/04/2008 dal Consigliere Dott. Onofrio FITTIPALDI;
udito  il  P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
                      SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il  Tribunale di Modena accoglieva, con Decreto del 17 marzo 2004, il
ricorso  proposto da         S.L., ai sensi della  L.  n.  898  del
1970,   art.  9,  e  fissava,  a  carico  dell'ex  marito         L.
       S.,  un  assegno mensile di Euro 300,00  +  50%  delle  spese
straordinarie  quale contributo al mantenimento del  figlio     D.,
ventenne  e  convivente con la madre, il quale si era  dimesso,  dopo
alcuni  anni,  dall'attivita' di lavoro dipendente  da  lui  prestata
quale  disossatore di carni suine e si era iscritto ad un  corso  per
stilista di capelli.
Proponeva  reclamo  il        L.S., sottolineando  come  il  figlio
(gia'  operaio  di terzo livello e non gia' apprendista)  fosse  gia'
entrato  nel mondo del lavoro e si fosse, in realta', volontariamente
dimesso, per il che nessun titolo vantasse al mantenimento.
Resisteva la    S.L..
La  Corte  di Appello, con decreto del 17 settembre-10 dicembre  2004
notificato il 10 gennaio 2005, posta in luce la giovanissima eta' del
figlio, rigettava il reclamo, evidenziando come:
1.  il  gia'  avvenuto superamento della fase dell'apprendistato  non
potesse considerarsi fattore risolutivo e preclusivo;
2.  del  tutto legittima si rivelasse la coltivazione, da  parte  del
giovane,   di  -  oltretutto  pienamente  realistiche  -  aspirazioni
lavorative  piu' consone alle sue inclinazioni, e non si configurasse
-  pertanto  - alcuna arbitrarieta' nel comportamento del ventenne  o
alcun atteggiamento parassitario;
3.  il  tutto andasse in realta' riguardato alla luce delle  naturali
difficolta'  iniziali,  incontrate dal ragazzo  nell'inserimento  nel
mondo  del  lavoro,  e dell'obbligo dei genitori  di  assecondare  le
aspirazioni  dei figli, quale espressione e riflesso dell'obbligo  di
mantenimento;
4.  tutto cio' rendesse inconfigurabile qualsivoglia atteggiamento di
colpevole  e  successiva  inerzia del  giovane  o  di  ingiustificato
rifiuto  di un lavoro, nella scelta di privilegiare la frequenza  del
corso;
5.  l'attivita'  lavorativa prescelta dal giovane, in conformita'  di
insindacabili  inclinazioni, non si rivelasse affatto  velleitaria  e
richiedesse tempi di formazione e di attesa durante i quali - purche'
ragionevoli  - permaneva conseguentemente l'obbligo dei  genitori  di
provvedere al mantenimento;
6. alla luce di una valutazione comparata delle condizioni economiche
dei  due  genitori,  e  del ruolo di per se' non  preclusivo  giocato
dall'avvenuta costituzione - da parte del padre - di un nuovo  nucleo
familiare,  la  misura  dell'assegno fissata  dal  primo  giudice  si
rivelasse del tutto congrua.
Ricorre  per  Cassazione, con atto notificato il 10  marzo  2005,  il
       L.S. sulla scorta di 2 motivi.
Non controricorre la ex moglie.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
Con  i  due  motivi  del ricorso (da trattarsi unitariamente  siccome
intimamente connessi), nel denunciare VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE
della  L. n. 898 del 1970, art. 9, nonche' MOTIVAZIONE APPARENTE,  il
ricorrente  lamenta come la Corte territoriale: a) non  abbia  tenuto
conto   del   profilo  per  cui  il  figlio     D.  avesse   scelto
spontaneamente di non proseguire negli studi e di entrare  nel  mondo
del  lavoro, trovando inserimento in un'azienda quale disossatore  di
prosciutti,  dapprima  quale  apprendista,  poi  come  operaio,   con
stipendio  del  tutto congruo rispetto alle qualifiche possedute;  b)
del  pari abbia omesso di tener conto del profilo per cui, una  volta
che   un   figlio  maggiorenne  abbia  esaurito  la  sua   formazione
professionale  (consistente  in  quella  da  lui  sperata,   o   piu'
semplicemente  in  quella concretamente raggiunta) cio'  comporti  la
cessazione  dell'obbligo di mantenimento, il quale non si  ripristina
in  caso di abbandono del lavoro, quali che ne risultino i motivi; c)
abbia dato, in ogni caso, per scontato cio' che non lo era (esistenza
di  una  volonta'  seria  del giovane di  iscriversi  ad  una  scuola
professionale di parrucchiere).
I motivi non possono trovare
alcun  accoglimento,  in  quanto - al di la'  del  gia'  di  per  se'
inammissibile loro indugio nella prospettazione di profili fattuali i
quali,  anche a prescindere dalla loro frequente, intrinseca e palese
inconferenza, in ogni caso non emergono dal contenuto del  decreto  e
non  sono di certo introducibili in questa sede (vedi l'allusione  ad
una  supposta  scarsa  propensione  del  giovane  allo  studio,  alla
altrettanto supposta piena congruita' dello stipendio percepito dallo
stesso  quale  disossatore di prosciutti, o alla natura suppostamente
meramente  putativa  della serieta' dell'intento  di  frequentare  un
corso per parrucchiere ) - essi risultano irrimediabilmente minati  -
da  un  lato  - dai limiti di un inquadramento dei problemi  e  della
concreta vicenda storica del tutto astratto, il quale finisce - non a
caso  -  per prescindere dalle concrete caratteristiche di  eta'  del
giovane  -  appena  ventenne -e per dissolverle  nell'ambito  di  una
considerazione del tutto generalizzante della realta' normativa e dei
temi  da essa implicati, e - dall'altro e conseguentemente -  da  una
del tutto inadeguata valutazione della portata della disposizione  di
cui all'art. 147 c.c., laddove la stessa coniuga anche l'"obbligo  di
mantenimento"  dei  figli a quello di "tener conto  delle  capacita',
delle   inclinazioni  naturali  e  delle  aspirazioni   dei   figli";
coniugazione la quale finisce del tutto svuotata di senso allorche' -
come  nella prospettazione prescelta dal ricorrente - la si  pretende
automaticamente paralizzata e risolta non appena il figlio -  benche'
ancora adolescente - si accontenti di uno sbocco lavorativo qualsiasi
anche   se   tradizionalmente  scarsamente  appetito  nella  stagione
adolescenziale  in  quanto privo di prospettive di sviluppo,  essendo
invece   detto   obbligo   chiamato   ad   esprimersi   finche'    le
caratteristiche d'eta' del figlio - benche' maggiorenne - si  rendano
compatibili con ansie di cambiamento e di accrescimento professionale
e culturale.
E  non  colgono  di  certo  nel segno - se poste  in  relazione  alle
ricordate   (e  puntualmente  colte  dalla  Corte  Territoriale   con
motivazione   del  tutto  convincentemente  immune  da  vizi   logico
giuridici)  peculiarita' della vicenda (caratterizzata da  un  quanto
mai  precoce - e percio' intuibilmente non adeguatamente  meditato  -
ingresso nel mondo del lavoro) i precedenti citati dal ricorrente,  i
quali  finiscono  del  tutto incongruamente  assolutizzati  e  devono
invece essere coordinati con dai altri principi del pari affermati da
questa Suprema Corte (vedi, per tutte, Cass. 4765/2002), a tenore dei
quali  "L'obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento
dei  figli secondo le regole dell'art. 148 cod. civ. non cessa, "ipso
facto", con il raggiungimento della maggiore eta' da parte di  questi
ultimi,  ma  perdura, immutato, finche' il genitore interessato  alla
declaratoria  della cessazione dell'obbligo stesso non dia  la  prova
che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il
mancato   svolgimento  di  un'attivita'  economica  dipenda   da   un
atteggiamento  di  inerzia  ovvero di  rifiuto  ingiustificato  dello
stesso,  il  cui  accertamento non puo' che ispirarsi  a  criteri  di
relativita', in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni,  al
percorso  scolastico,  universitario  e  post  -  universitario   del
soggetto  ed  alla  situazione attuale del mercato  del  lavoro,  con
specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato
la  propria formazione e la propria specializzazione. Deve, pertanto,
in  via  generale escludersi che siano ravvisabili profili  di  colpa
nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non
adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le  sue
attitudini  ed i suoi effettivi interessi siano rivolti, quanto  meno
nei limiti temporali in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole
possibilita' di essere realizzate, e sempre che tale atteggiamento di
rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia".
Ne  consegue  il  rigetto del ricorso, al quale non  si  coniugano  -
peraltro  -  pronunce  sulle  spese, non avendo  l'intimata  proposto
controricorso.
                               P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Cosi'  deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione  Prima
Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 29 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2008